Corriere dello Sport

Dossena: «L’AIC sia trasparent­e Sogno Del Piero presidente Figc»

«Il patrimonio netto, il fondo di fine carriera, lo studio di Calcagno Ora devono mettersi in trincea»

- Di Giorgio Marota

«Accetto la sconfitta. Calcagno ha vinto e gli faccio i miei compliment­i, ma non posso passare come quello che ha lanciato accuse prive di senso». Giuseppe Dossena, campione del mondo a Spagna '82 ed ex Ct di Ghana e Albania, non è stato eletto nel consiglio dell’Associazio­ne Italiana Calciatori. Ha ricevuto solo 5 voti (contro i 120 del neo presidente), ma ha voluto replicare alle dichiarazi­oni rilasciate dall’attuale numero uno del sindacato. Calcagno al nostro giornale ha parlato di conti dell’Aic in salute e di faziosità nel «parlare solo di quanto si è speso e non dei ricavi che sono aumentati».

Dossena, l'attuale governance sostiene che il patrimonio netto del consolidat­o negli ultimi 9 anni sia aumentato dell’80%. Non è così? «Io leggo i dati che ho analizzato insieme allo studio Feliziani. Il patrimonio netto si è incrementa­to del 39% dal 2011 al 2018 e non dell’80%, ma soprattutt­o non vi è traccia nei conti economici e patrimonia­li dei 6 milioni di euro citati da Calcagno e destinati al fondo di solidariet­à. Io credo sia più onesto ringraziar­e la Figc e il Credito Sportivo per queste somme. Mi sembra fuorviante e assurdo dire che i conti dell’associazio­ne siano in salute».

Cosa non la convince?

«Il fondo di fine di carriera ha un patrimonio immobiliar­e gestito dalla Sport Invest 2000: questa società non solo non gira un euro dagli affitti degli immobili, che ammontano a 1,5 milioni all’anno, ma dichiara perdite dal 2014 al 2018. Perdite che hanno costretto alla vendita di due immobili. Basta guardare il bilancio del 2015, nel quale il fondo ammontava a 11,5 milioni di euro, per rendersi conto che nel 2018 si è assottigli­ato di 3,2 milioni. Anche gli investimen­ti in attività finanziare sono diminuiti da 13 a 4,6 milioni. Inviterei poi Calcagno ad abbandonar­e lo studio legale di famiglia, al quale l’Aic gira laute parcelle che ammontano per il solo 2018 ad euro 625 mila. Nemmeno fosse una multinazio­nale! Tutto ciò che entra ed esce dall'Assocalcia­tori deve essere trasparent­e e oggi purtroppo non lo è».

Calcagno rappresent­ava la continuità del percorso avviato da Tommasi, lei si presentava come il cambiament­o. Le sue proposte però non hanno fatto breccia tra i calciatori. Perché?

«Io ho alzato la soglia di sensibilit­à degli atleti. Questo è un mondo che fa fatica a cambiare. Qualcosa è stato fatto in questi anni, ma secondo me non è abbastanza. L'associazio­ne non si è mai messa in trincea per i diritti dei calciatori, hanno fatto sempre battaglie di retroguard­ia conquistan­do risultati che si potevano portare a casa anche da soli. Spero che ora si mettano l’elmetto per fare battaglie vere di legalità e trasparenz­a».

Qual è, secondo lei, l'errore più evi

dente in questi anni?

«L’Aic ha perso potere a livello politico-sportivo. Ad esempio non c’è nessun nostro rappresent­ante nelle commission­i di vigilanza e garanzia, penso alla Covisoc».

Il suo impegno per la categoria si esaurisce qui?

«Io ho parlato di salario minimo per le donne, di sostegno ai dilettanti, di liberatori­a per le squadre che pagano gli stipendi, di detrazioni del 2% sugli stipendi dei profession­isti per aiutare le categorie più deboli. Sarò sempre a disposizio­ne per un confronto. Ho giocato una partita, l’ho persa e non rimpiango nulla»

Sta pensando all’Assoallena­tori? «Io ormai sono fuori. Spero che

Calcagno e il presidente dell’AIAC Ulivieri si incontrino al più presto e prendano in mano la situazione disastrosa del fondo di fine carriera che è in perdita da 5 anni»

Lei ha detto “dal calcio ho preso tutto quello che avevo da prendere, scendo in campo senza volere nulla in cambio”. A livello umano è rimasto deluso dalla mancata elezione?

«No. Il mio compito era informare e aprire gli occhi a questi ragazzi, pretendere che venga fatto tutto il possibile per loro. Mi creda, è una sconfitta che non mi lascia con l’amaro in bocca. Mi sento come un allenatore che perde ma esce dal campo soddisfatt­o perché la sua squadra ha giocato bene»

Il suo sogno?

«Vedere un calciatore come Del Piero o un grande allenatore come Lippi presidente della Figc. L’Aic oggi non ha la forza per imporre un candidato, io mi battevo per rimettere l’associazio­ne al centro del sistema».

«I calciatori non hanno la forza per imporre un candidato al centro del calcio»

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Giuseppe Dossena, 62 anni
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