Dossena: «L’AIC sia trasparente Sogno Del Piero presidente Figc»
«Il patrimonio netto, il fondo di fine carriera, lo studio di Calcagno Ora devono mettersi in trincea»
«Accetto la sconfitta. Calcagno ha vinto e gli faccio i miei complimenti, ma non posso passare come quello che ha lanciato accuse prive di senso». Giuseppe Dossena, campione del mondo a Spagna '82 ed ex Ct di Ghana e Albania, non è stato eletto nel consiglio dell’Associazione Italiana Calciatori. Ha ricevuto solo 5 voti (contro i 120 del neo presidente), ma ha voluto replicare alle dichiarazioni rilasciate dall’attuale numero uno del sindacato. Calcagno al nostro giornale ha parlato di conti dell’Aic in salute e di faziosità nel «parlare solo di quanto si è speso e non dei ricavi che sono aumentati».
Dossena, l'attuale governance sostiene che il patrimonio netto del consolidato negli ultimi 9 anni sia aumentato dell’80%. Non è così? «Io leggo i dati che ho analizzato insieme allo studio Feliziani. Il patrimonio netto si è incrementato del 39% dal 2011 al 2018 e non dell’80%, ma soprattutto non vi è traccia nei conti economici e patrimoniali dei 6 milioni di euro citati da Calcagno e destinati al fondo di solidarietà. Io credo sia più onesto ringraziare la Figc e il Credito Sportivo per queste somme. Mi sembra fuorviante e assurdo dire che i conti dell’associazione siano in salute».
Cosa non la convince?
«Il fondo di fine di carriera ha un patrimonio immobiliare gestito dalla Sport Invest 2000: questa società non solo non gira un euro dagli affitti degli immobili, che ammontano a 1,5 milioni all’anno, ma dichiara perdite dal 2014 al 2018. Perdite che hanno costretto alla vendita di due immobili. Basta guardare il bilancio del 2015, nel quale il fondo ammontava a 11,5 milioni di euro, per rendersi conto che nel 2018 si è assottigliato di 3,2 milioni. Anche gli investimenti in attività finanziare sono diminuiti da 13 a 4,6 milioni. Inviterei poi Calcagno ad abbandonare lo studio legale di famiglia, al quale l’Aic gira laute parcelle che ammontano per il solo 2018 ad euro 625 mila. Nemmeno fosse una multinazionale! Tutto ciò che entra ed esce dall'Assocalciatori deve essere trasparente e oggi purtroppo non lo è».
Calcagno rappresentava la continuità del percorso avviato da Tommasi, lei si presentava come il cambiamento. Le sue proposte però non hanno fatto breccia tra i calciatori. Perché?
«Io ho alzato la soglia di sensibilità degli atleti. Questo è un mondo che fa fatica a cambiare. Qualcosa è stato fatto in questi anni, ma secondo me non è abbastanza. L'associazione non si è mai messa in trincea per i diritti dei calciatori, hanno fatto sempre battaglie di retroguardia conquistando risultati che si potevano portare a casa anche da soli. Spero che ora si mettano l’elmetto per fare battaglie vere di legalità e trasparenza».
Qual è, secondo lei, l'errore più evi
dente in questi anni?
«L’Aic ha perso potere a livello politico-sportivo. Ad esempio non c’è nessun nostro rappresentante nelle commissioni di vigilanza e garanzia, penso alla Covisoc».
Il suo impegno per la categoria si esaurisce qui?
«Io ho parlato di salario minimo per le donne, di sostegno ai dilettanti, di liberatoria per le squadre che pagano gli stipendi, di detrazioni del 2% sugli stipendi dei professionisti per aiutare le categorie più deboli. Sarò sempre a disposizione per un confronto. Ho giocato una partita, l’ho persa e non rimpiango nulla»
Sta pensando all’Assoallenatori? «Io ormai sono fuori. Spero che
Calcagno e il presidente dell’AIAC Ulivieri si incontrino al più presto e prendano in mano la situazione disastrosa del fondo di fine carriera che è in perdita da 5 anni»
Lei ha detto “dal calcio ho preso tutto quello che avevo da prendere, scendo in campo senza volere nulla in cambio”. A livello umano è rimasto deluso dalla mancata elezione?
«No. Il mio compito era informare e aprire gli occhi a questi ragazzi, pretendere che venga fatto tutto il possibile per loro. Mi creda, è una sconfitta che non mi lascia con l’amaro in bocca. Mi sento come un allenatore che perde ma esce dal campo soddisfatto perché la sua squadra ha giocato bene»
Il suo sogno?
«Vedere un calciatore come Del Piero o un grande allenatore come Lippi presidente della Figc. L’Aic oggi non ha la forza per imporre un candidato, io mi battevo per rimettere l’associazione al centro del sistema».
«I calciatori non hanno la forza per imporre un candidato al centro del calcio»