LUCESCU: «INTER-SHAKHTAR IL MIO CUORE DIVISO A METÀ»
Ha allenato entrambe, la semifinale è un po’ sua «Ho un debole per i nerazzurri e dall’altra parte c’è ancora tanta gente a cui sono legatissimo... Conte top, ma per me non si qualifica per la finale»
Sentirlo parlare è come sfogliare un’enciclopedia di calcio. Mircea Lucescu, 75 anni compiuti da un paio di settimane, ha vissuto diverse vite legate al pallone e di storie potrebbe raccontarne a decine: prima come giocatore della Dinamo Bucarest, poi come allenatore. Dopo aver vissuto i primi 45 anni in patria, nella Romania del dittatore Ceausescu, è diventato un cittadino del mondo e negli ultimi 3 decenni ha portato il suo sapere a giro per l’Europa: un bel po’ di Italia, sulle panchine di Pisa, Brescia, Reggiana e Inter, ma anche Ucraina, Turchia e Russia. «E non ho finito - ci ha detto ieri mattina in un italiano ancora ottimo - perché la voglia di lavorare ce l’ho ancora: mi piace stare in campo, dare indicazioni ai giocatori, far crescere i giovani e plasmare la squadra. Tutto questo mi fa sentire vivo e, badate bene, i soldi non c’entrano niente: sto parlando di emozioni, di stimoli e di tutto quello che alla mia età mi dà la spinta per alzarmi la mattina dal letto. Con la Dinamo Kiev possiamo fare un bel lavoro, ma ci vuole tempo perché nell’ultimo campionato la squadra è finita a 23 punti dallo Shakhtar. Sapete quanti sono 23 punti? Mica si recuperano in un mese... Anche se adesso facciamo 2 allenamenti al giorno, dobbiamo rimettere in condizione i nostri 6-7 giocatori che hanno chiuso la scorsa stagione infortunati. Se mi permettono di lavorare e mi fanno sentire desiderato, cercherò di dare una mano, altrimenti toglierò il disturbo». Si riferisce alla contestazione dei tifosi della Dinamo che non lo volevano perché per 12 anni aveva allenato e vinto allo Shakhtar. «Ho rassegnato le dimissioni, ma il patron Surkis mi ha fatto cambiare idea ed eccomi qua a preparare la finale di Supercoppa ucraina proprio contro lo Shakhtar (25 agosto, ndr)».
La formazione di Donetsk la studierà lunedì nella semifinale di Europa League contro l’Inter? «Certo che vedrò la partita, ma da studiare ho poco: conosco bene come giocano... Piuttosto, siccome so già che me lo chiederà, la anticipo: in finale andrà lo Shakhtar perché è più forte. Stiamo parlando di una squadra plasmata nel corso degli anni, di un progetto vincente. Lì sono stato 12 anni e pezzo dopo pezzo abbiamo assemblato una rosa fortissima: leggetevi la formazione e noterete che 7 su 11 dei titolari sono elementi che ho allenato e portato io a Donetsk».
Cosa ha lo Shakhtar più dell’Inter? «Fiducia nei propri mezzi, talento e organizzazione di gioco. In questi anni, a parte un paio di gare nelle quali Fonseca aveva provato il 4-4-2 che aveva utilizzato al Braga, hanno sempre giocato con il 4-2-3-1, si conoscono alla perfezione e hanno movimenti sincronizzati oltre a un attacco dal potenziale incredibile. I miei Taison e Marlos sono fortissimi e sulla fasce, nei tre dietro il centravanti, fanno la differenza. Poi c’è Junior Moraes, uno che segna sempre e in ogni modo. Non so come mai le grandi si siano ancora accorte di lui perché è pronto per uno dei primi 5 campionati europei».
La gara può decidersi a centrocampo? «Lo Shakhtar fa un gran possesso e mette in difficoltà l’avversario controllando il match e il ritmo. L’Inter si troverà di fronte una squadra di qualità che ha tutti ucraini in difesa e tanti brasiliani dalla metà campo in su. Questa impostazione la portai io nel 2004 ingaggiando Matuzalem e mettendolo a fianco di Brandao. Da lì in poi la colonia dei brasiliani è cresciuta e il presidente è stato intelligente a proseguire su questa strada anche dopo che me ne sono andato. Lo Shakhtar fa girare il pallone con velocità e precisione: Alan Patrick, che c’era anche nei miei anni, è cresciuto molto e dopo alcune cessioni, ha trovato più spazio. Ora è fondamentale per gli equilibri della mediana proprio come Marcos Antonio».
Leggendo quest’intervista Conte si preoccuperà ancora di più...
«Conte è un grande allenatore e quest’anno la sua Inter ha fatto un campionato importante accorciando il gap con la Juventus. La prossima stagione
«Ucraini fortissimi, gruppo costruito pezzo dopo pezzo anche grazie a me»
«L’Inter punterà sull’aggressività Lukaku? Per lui sarà un gran test»
migliorerà ancora e magari arriverà uno scudetto dopo tanti anni di attesa. Antonio è bravo: l’ho sfidato con lo Shakhtar quando era alla Juventus e da allora ha acquisito ancora più esperienza. E’ un vincente».
Che partita dovrà fare l’Inter per avere qualche chance?
«Mi aspetto che la metta sul piano dell’aggressività, proprio come contro il Bayer. Anche i tedeschi palleggiavano bene e i nerazzurri li hanno attaccati alti per non far sviluppare loro l’azione: faranno lo stesso con lo Shakhtar che però secondo me ha più qualità e più velocità. Conte dovrà stare attento alla fasce e puntare sulle ripartenze che possono essere l’arma per cambiare la sfida».
Con il fattore Lukaku, come la mettiamo? Lo Shakhtar può fermarlo?
«Sarà un bel test perché Lukaku è in gran forma e con quel fisico può essere dominante, ma là dietro agli ucraini chili e centimetri non mancano».
Per chi tiferà?
«Tutti sanno che ho un debole per l’Inter: l’ho allenata e quella squadra mi è rimasta nel cuore, ma allo Shakhtar ho tanti ex giocatori e persone alle quale voglio bene. Sono legato a loro perché abbiamo condiviso grandi soddisfazioni (21 trofei vinti, ndr). E poi dal prossimo anno anche tifare per l’Inter in Serie A non sarà più così semplice per me...».
C’entra qualcosa Pirlo, nuovo allenatore della Juventus? «Pirlo e Baronio, aggiungo io. Sono stati i miei pupilli al Brescia e sono cresciuti con me. A loro voglio bene e auguro il meglio ad entrambi. Andrea l’ho avuto nell’anno di A e poi la stagione successiva in B: era poco più di un bambino, ma si vedeva che era uno dei migliori talenti d’Europa. Roberto invece dopo la retrocessione dalla A alla B (1994-95, ndr) fu ceduto alla Lazio. Mi ricordo quando ho fatto esordire in A Pirlo, a dieci minuti dalla fine di una partita che stavamo perdendo 2-0 sul campo della Reggiana: eravamo già retrocessi, ma quel giorno è iniziata la storia di un giocatore incredibile».
Qual era la principale dote di Pirlo?
«Nel 1994-95 non aveva ancora compiuto 16 anni, ma si ca
«Possesso, fasce e ripartenze: davvero una sfida affascinante»