Il Voluntary Agreement e tutte le sue strettoie
Per accedere a questo accordo le società devono rispettare una serie di parametri tecnici
Idea “voluntary agreement” per la nuova AS Roma, sempre più nel segno del magnate Dan Friedkin. Tecnicamente un vero e proprio patto in deroga rispetto alle regole tradizionali del Fair play finanziario. Dal giugno 2015, in caso di mutamenti radicali negli assetti della proprietà calcistiche (come l’ingresso di nuovi acquirenti), è possibile sottoscrivere un accordo volontario (cosiddetto “voluntary agreement”), superando le norme UEFA, che impongono alle società di calcio europee perdite aggregate, nell’ultimo triennio, non oltre i 30 milioni di euro. Per aderire al voluntary agreement, però, bisogna rispettare una serie di parametri tecnici. I nuovi proprietari (entrati negli ultimi 12 mesi) possono sfruttare questa opportunità, ma il tutto è sottoposto ad attenta analisi da parte dell’organismo di governo del calcio continentale. Da alcuni anni è stato introdotto il cosiddetto “pacchetto di benvenuto” (wellcome package), un modello di Fair play finanziario meno rigido, per incentivare investitori (soprattutto stranieri) ad avvicinarsi a questo mondo. La sottoscrizione del voluntary agreement però è vincolata a tre aspetti fondamentali.
TRE PUNTI. I giallorossi infatti saranno obbligari a presentare un piano, che abbia, al suo interno, una visione di scenario pluriennale. Nel contempo, il “business plan” (piano di sviluppo del giro d’affari) non può essere solo una previsione teorica di potenziali ricavi e costi. Il club di Trigoria dovrà dimostrare, inoltre, come intende raggiungere determinati obiettivi finanziari, con l’impegno del pareggio di bilancio nell’arco di quattro esercizi. Oltre a ciò i nuovi proprietari americani dovranno dimostrare di disporre delle risorse necessarie per gestire la società di Trigoria fino alla scadenza dell’accordo volontario. L’elemento più importante è il terzo: l’azionista di riferimento (nel caso specifico Dan Friedkin) o eventuali realtà “correlate” (investitori di sostegno collegati al magnate texano) dovranno presentare un impegno considerato irrevocabile a copertura di possibili perdite negli esercizi precedenti a quello in cui si prevede il raggiungimento del punto di pareggio (break even). Inoltre, i nuovi azionisti di riferimento della realtà capitolina potranno essere chiamati a presentare garanzie (anche personali) a copertura dell’intera operazione. L’UEFA pertanto viene incontro alle esigenze delle nuove proprietà, come quella texana della Roma, ma lo fa monitorando il quadriennio di riferimento collegato al “pacchetto di benvenuto”. Chiedendo opportune garanzie per evitare problematiche che dovessero nascere nel tempo, come ad esempio, risultati non in linea con il business plan presentato agli ispettori di Nyon (l’UEFA Club Financial Control Body). La possibile adozione del voluntary agreement da parte dell’AS Roma non è l’unica pratica aperta in Europa: anche se nell’ultimo quadriennio la stragrande maggioranza delle società (a partire dalla stessa AS Roma per proseguire con l’Inter) ha preferito aderire all’altra formula Uefa: il cosiddetto “settlement agreement” (ovvero un piano di rientro concordato dall’organismo elvetico con i club fuori dai parametri del Ffp). Solo per citarne alcune, realtà come l’AS Monaco (Fra), l’FC Beşiktaş (Tur), il Kardemir Karabükspor (Tur), l’FC Krasnodar (Rus), l’FC Lokomotiv Mosca (Rus), l’FC Rostov (Rus), lo Sporting Lisbona (Por) o ancora il CSKA Sofia (Bul).
Dal piano pluriennale alle garanzie necessarie, vincoli e problematiche