Questa Juve così forte così debole
Caro Cucci, avviso per i naviganti: «La Juve non è un fendente, ma un vascello affondante quando la vai a vedè». Partiamo dal primato invernale: conta solo a livello di punti e, per chi non fa differenza coi punti di sutura, va benissimo. Chi invece guarda i cerotti sopra le ferite, allora o chiude gli occhi e si mette a festeggiare, al momento, la vanagloria della classifica, oppure si lambicca il cervello nel riuscire a capire come mai questa squadra parta in quarta convinta che la partita duri solo 10 minuti e poi diventi asfittica e incolore alzando le barricate e offrendosi spudorata ai migliori calci d’angolo possibili. Tutta presa, inoltre, dalla pazza attesa di beccarsi prima o poi un meritato gol! In questo marasma è solo qualche singolo a salvarsi e però, malgrado fra i pochi papabili il migliore in campo sia da mesi un certo Dybala (tra l’altro: cross da gol per Demiral e sacrosanto rigore in progress benchè vi sia chi dice che l’abbia fatto apposta a farsi falciare!) questi viene puntualmente sostituito ma, se qualcuno ne chiede le ragioni al capo del vascello avvisandolo che il giocatore era contrariato, sua Sarrità risponde “che non gliene po’ fregà de meno”. Nè gliene “frega de meno” che un tridente debba essere tale e non smembrato al punto di non poter rendere incisivo quel po’ po’ di attacco che, unito, sgravi comunque il peso piuma di un centro-difesa facilmente soffocabile! E senza contare che le sostituzioni più logiche, in una squadra che sbanda, consisterebbero nel togliere di mezzo quei “bianco-neri per caso” rispondenti ai nomi di Rabiot e Ramsey inserendo al loro posto forze realmente efficaci come quelle assai meglio garantite da Douglas Costa e Bernardeschi. Ma questo non viene fatto nemmeno per sogno e, come sia possibile pensare di ridare fiato alla squadra scegliendo come rimedio il regalo di una tetra panchina a Dybala e lasciando in campo forze esanimi, lo sanno solo Sarri e Maga Magò.