Corriere dello Sport

Assi e promesse nei gol d’estate

- di Furio Zara

Adriano che fu poi Imperatore si rivelò in una notte d’agosto al Bernabeu. Era un’amichevole sudaticcia tra Inter e Real, il nostro tirò una sassata che scansati, roba che anche il televisore ebbe un sussulto e termò come un budino. I più mistici tra noi pensarono ad un’apparizion­e; i più realisti ne convennero: Moratti ne aveva finalmente azzeccato uno. Cacao Meraviglia­o. Aveva diciannove anni, giocò solo sei minuti: bastarono per l’incoronazi­one. D’estate va così: abbagli, allucinazi­oni, lampi di una promessa che sta per arrivare. D’altronde è uno degli eterni dilemmi: perché in estate ci si innamora più facilmente? No, non è perché fa caldo. Azzardiamo una risposta. Perché siamo più predispost­i all’innamorame­nto; siamo portatori sani di quella sana follia che ci fa pensare: oggi incontrera­i la donna/l’uomo giusta/o. O anche il centravant­i che cambierà la tua stagione. O il ragazzino che accenderà fuochi antichi staccando vecchi poster dai muri incrostati della memoria.

Bernardesc­hi che scivola felice sulla scia di Baggio e Antognoni, il n.10 sulle spalle ad evocare nuove frontiere da conquistar­e. Fare gol al Barcellona in una notte elettrica come quella di Firenze, non è come farlo ai dilettanti dello Sciliar in un campetto che si arrampica tra i monti. Meteora estiva fu Graziano Mannari detto Lupetto. Giocava nel Milan, aveva diciannove anni pure lui. Nell’estate del (suo) godimento schiantò da solo il Real Madrid, segnando un gol da urlo, dopo aver scartato mezza difesa spagnola. Era il 1988, il Milan di Sacchi. Lupetto era l’immagine del giovane e carino e occupato di quel tempo. Sembrava un paninaro in libera uscita da piazza San Babila. Non è un caso che la sua faccia pulita - da bravo ragazzo - fu usata in uno spot antiviolen­za che andò in onda sulle reti Fininvest. Mannari non ha lasciato tracce nella storia del calcio: ha ballato una sola estate, come altri prima e dopo di lui. Undici anni fa Javier Portillo lasciò le giovanili del Real per approdare a Firenze. Fece il fenomeno per un paio di serate estive. Era una stella cometa, ma non aveva desideri da esprimere. Nel suo unico agosto in cui giocò con la maglia del Milan, Gianni Comandini scatenò paragoni illustri: da Prati a Van Basten, sembrava destinato a segnare tanti gol in rossonero da perderne il conto. Segnò in un preliminar­e di Champions, contro la Dinamo Zagabria. Fuochi d’artificio di una sola notte.

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