Corriere dello Sport (Campania)
NAPOLI MERITA UNO STADIO DA NAPOLI
La squadra che sogna lo scudetto ora gioca in un impianto inadeguato Serve una struttura da big europea
I tifosi in fermento già 23 mila biglietti venduti per la Roma A Bologna in 10 mila
Cinquantasei anni ma sentirli tutti, da cima in fondo, in quella «carcassa» ch’è rimasta d’un San Paolo che ancora sembra uno stadio e che in realtà ha smesso d’esserlo da un bel po.’ Cinquantasei anni e mostrarli, con la pioggia e con il sole, di giorno ma anche di notte, quando le ombre che s’allungano non riescono a nascondere le ferite, l’inadeguatezza d’un impianto «vecchio» ormai da un bel po,’ l’imbarazzante cartolina esportata nelle sfide di un’Europa che pare lontana e quasi irraggiungibile. Il 6 gennaio del 1959 pare l’inizio di una nuova era, e certo lo fu, ma il San Paolo è rimasto un tenero ricordo del passato.
La matrioska del gol è in quest’uomo uno e multiplo che racchiude in sé il genio scaltro d’una bellezza ch’è per gli amanti del calcio allo stato puro: e mentre intorno è delirio collettivo, tra le pieghe d’una impresa ci sono le stimmate d’un fenomeno che di nome fa Gonzalo, di cognone fa Higuain e di professione fa il «filantropo». Venghino, signori, venghino, in questo scenario in cui si può perdere, nella dimensione onirica scatenata (pure) dalle statistiche, nel macrocosmo d’un bomber che s’è preso il Napoli e se lo è caricato teneramente sulle spalle, portandoselo a spasso a suon di primati (personali) che inducono a sognare: dodici reti in campionato (una ogni 98 minuti), due in Europa League (una ogni 55 minuti) ed uno strappo con sé stesso, con el pipita del primo semestre del 2015, che rappresenta lo steccato tra quel fuoriclasse e questo, tra chi in due stagioni ha già dato tanto e anzi tantissimo (cinquantatré gol) e che nella terza ha ricominciato spingendosi (quasi) oltre ogni ragionevole paragone.
DIFFERENZIALE. L’anno solare è un concentrato di capolavori che cancella le due amarezze più grosse (il rigore sbagliato con la Lazio e quello tirato sempre in cielo nella finale della coppa America) ma è anche la fotografia double-face d’un centravanti che pur avendo offerto un contributo sensazionale (diciassette gol complessivi da gennaio a maggio, però spalmati in trentadue partite) ha ribadito (adesso) di poter rientrare nella categoria dei «marziani», lasciandosi esplodere con potenzialità stratosferiche (meno della metà delle gare giocate, quasi lo stesso numero di reti) e godendosela sotto gli occhi di Nicolas, il fratello-manager, che compare a Castel Volturno e lascia sospettare che si possa ricominciare a parlare di rinnovo.
COSE REAL. L’Higuain al calor blanco, anno di autentica grazia 2011-2012, è lo special one del Real Madrid di José Mourinho, è il prototipo del centravanti che si sta riproducendo con Sarri, è l’esecutore materiale d’un percorso quasi netto, dodici gol in quattordici partite, è il trascinatore d’una squadra che - e non esiste scaramanzia da scomodare, perché questi son fatti - poi vinse lo scudetto. Non ce n’è un altro «simile» in giro nel corso della sua carriera, non c’è un pipita che sia stato in grado di emularsi tra l’Argentina e la Spagna ed il biennio italiano, non c’è un Higuain che abbia sentito dentro il richiamo della porta avversaria come quello di quattro anni fa, ch’è praticamente il gemello del gol di se stesso che adesso va a caccia di una favola.
VI SPIEZZO. Poi c’è un centravanti, e l’Inter può confermarlo, che sa pure come si domano le avversità, come si abbattano le difficoltà (umanissime), come si demoliscano gli 0-0: il must è al 64esimo secondo della sfida scudetto di lunedì, in quello scatto animalesco d’un leader che strappa la palla a Callejon, la governa tra Medel e Murillo, poi la scaraventa all’incrocio dei pali, sgretolando Handanovic; ma ci sono altri cinque pipita che hanno saputo schiodare le sfide dallo 0-0, indirizzandole a proprio piacimento.
«DEFIENDO». C’è, adesso, pure l’allegria di un uomo che, finita la rappresentazione, se ne sta sotto la curva B e canta assieme ai suoi tifosi, che «defiendo la città», la induce a lasciarsi andare («è lecito sognare»); c’è un Higuain che ha spinto Sarri a sbilanciarsi («è il più forte centravanti del mondo») ed ha «costretto» Mancini, un esteta del calcio ma anche un sir nei modi, ad allestire paragoni che sembrano (potrebbero sembrare) arditi («è come Messi: cambia le gare da solo»). E’ rinata una stella...
Il Pipita non solo va sempre a segno ma spacca le gare: per sei volte ha segnato sullo 0-0
Il suo entusiasmo ha contagiato tutti e spinto Sarri a dire «E’ il centravanti più forte al mondo»