Giovanni Frangi rivisita le ninfee Tocco giapponese
Galleria Accart di Bolzano, apre oggi l’esposizione «Urpflanze» Lungo il percorso espositivo dodici grandi tele dell’artista milanese Rilegge i fiori cari a Monet con l’eleganza e la profondità della pittura giapponese
Settembre, tempo di rientri dalle ferie e di ritorno al lavoro o allo studio. Non fanno eccezione le gallerie bolzanine che aprono in questo periodo la nuova stagione espositiva e così la galleria Antonella Cattani contemporary art, che inaugura il nuovo anno di attività con una mostra personale dedicata a Giovanni Frangi.
L’artista originario di Milano torna alla galleria dopo sette anni di assenza, era infatti il 2010 quando nelle sale di via Rosengarten veniva ospitata l’ultima mostra dedicatagli: Ring-A-Ring-O’Roses, a cura di Walter Guadagnini. Torna Giovanni Frangi e quindi torna la pittura, non solo linguaggio espressivo preferito dall’artista, ma medium al quale Frangi si dedica da anni con rara sincerità e dedizione. Pittura che da tempo trova uno dei suoi punti focali nel tema delle ninfee — centrale anche nella mostra bolzanina — reso celebre dalla pluriennale ricerca svolta da Claude Monet che, a novant’anni dalla data di realizzazione dell’ultimo dipinto dedicatogli da parte di quello che è stato definito «l’occhio dell’Impressionismo», mantiene intatto il proprio fascino, naturalmente a patto che lo si affronti con competenza e profondità.
Ma queste sono doti che non mancano alla pittura di Giovanni Frangi, come sottolinea lo stesso Guadagnini infatti: «In un momento in cui il trucco (…) della rarefazione delle opere (agisce in modo) funzionale al gioco economico della domanda e dell’offerta, Frangi offre la sua arte (…) come un vero e proprio dono ai suoi spettatori. Questo modo di agire infondo riconosce classicamente l’attività della pittura anche come mestiere».
L’artista, classe 1959, da anni segue un percorso di approfondimento tematico che lo porta a trarre dalla natura la maggior parte delle suggestioni per le proprie opere. Ninfee, rocce, formazioni vegetali, riflessi acquatici e profili montuosi, divengono il punto di partenza per gli approfondimenti pittorici di Giovanni Frangi, che rinnovano il modo di guardare al dato naturale, attraverso una pittura caratterizzata da un forte senso di profondità, che l’artista raggiunge attraverso un tratto veloce e apparentemente istintivo.
A un primo sguardo colpisce soprattutto l’eleganza della composizione, che fa pensare alla pittura tradizionale giapponese e al principio che la muove e al quale si ispira tutta la cultura visiva nipponica, ovvero quel «chouchin ni tsurigane» (letteralmente la lanterna e la campana) che riassume la necessità di equilibrio tra leggerezza e pesantezza. Questa caratteristica è rintracciaIl bile anche nelle opere inedite che compongono Urpflanze (ovvero pianta primordiale) – questo il titolo della mostra che aprirà ufficialmente con l’inaugurazione di oggi a partire dalle 18.30.
fitto dialogo con l’arte del passato, che Frangi intesse all’interno di ogni sua opera, si rivela centrale anche nel ciclo dedicato al tema delle ninfee, affrontato dall’artista per la prima volta nel 2015, attraverso due grandi disegni su tela, realizzati per la mostra inaugurale della nuova ala dell’orto botanico della città di Padova.
L’allestimento bolzanino, che vede esposte dodici tele, quasi tutte di grandi dimensioni, segue le linee di un giardino contemporaneo, sulla scia di una pratica che da tempo porta l’artista a pensare a una mostra come a un corpo unitario e non come a un gruppo di opere singole. «I quadri si richiamano uno con l’altro e insieme costruiscono una storia e le variabili sembrano sempre infinite» afferma Frangi; all’attuazione dell’atmosfera, basata sui contrasti cromatici, contribuisce invece la scelta di impiegare quale supporto una tela nerovelluto, che conferisce al percorso inaspettate profondità.
L’esposizione, che proseguirà fino al 30 ottobre, permette dunque allo spettatore di calarsi all’interno di un ambiente unico e suggestivo, nel quale la pittura di Giovanni Frangi si esprime come corpo unitario, al di là delle singole tele.