Corriere dell'Alto Adige

Dzenana: ho visto un uomo allontanar­si

Omicidio di Rasun, l’ex moglie ha raccontato la sua versione: riscontrat­e incongruen­ze sugli orari Indagata per omicidio, rimane libera. Non si trova l’arma. Venerdì l’autopsia sul cadavere di Huber

- Luigi Ruggera

BOLZANO Non convince gli inquirenti la versione fornita da Dzenana Mangafic’. La donna, 56 anni originaria di Sarajevo, è l’unica indagata per l’omicidio di Kurt Huber, il 71enne invalido ucciso con sette coltellate al petto nell’alloggio sociale di Rasun di Sotto dove abitava proprio con Dzenana, sua ex moglie. La coppia era di fatto separata anche se lei, di profession­e badante, continuava comunque ad assistere l’ex marito, che da alcuni anni era costretto a vivere su una sedia a rotelle a causa dell’amputazion­e di un piede. Una convivenza che, però, era caratteriz­zata da continui litigi. L’ultimo, come ha riferito la stessa Dzenana Mangafic’ nel corso del lungo interrogat­orio svoltosi l’altroieri davanti al pm Igor Secco, era avvenuto sabato sera. La donna ha raccontato al pm di aver litigato per aver scoperto che l’uomo le aveva sempre nascosto di aver avuto, in un lontano passato, un figlio da un’altra donna. Più che una singolare forma di gelosia retroattiv­a, a scatenare la rabbia di Dzenana Mangafic’ sarebbe stato, a suo dire, il fatto che l’ex marito le avrebbe sempre nascosto questa circostanz­a (che fosse padre), circostanz­a oltretutto ancora in fase di accertamen­to da parte degli inquirenti.

A detta della donna, il litigio sarebbe stato così forte da spingerla ad uscire di casa, sabato sera, per vagare tutta le notte a Brunico e nei dintorni. Poi — questa la versione della donna — sarebbe rientrata in casa domenica pomeriggio, trovando l’ex marito Kurt Huber già morto, in un lago di sangue. «Prima di entrare ho visto un uomo, che non conoscevo, uscire da casa nostra» ha detto la donna agli inquirenti, lasciando intendere che questo misterioso personaggi­o sarebbe il vero assassino. A quel punto — sempre secondo quanto dichiarato da Dzenana Mangafic’ — lei non ha dato però l’allarme alle forze dell’ordine, come sarebbe stato immaginabi­le che avvenisse. Il motivo? «Ero andata in tilt» questo il senso della spiegazion­e fornita dalla donna al pm. A causa dello choc, quindi, Dzenana avrebbe lasciato l’ex marito cadavere, nel piccolo appartamen­to sociale di Rasun. Sempre stando a questa ricostruzi­one, la scoperta del cadavere sarebbe avvenuta verso le 18 di domenica. La badante ha spiegato di essersi allora recata, sconvolta, alla stazione ferroviari­a di Valdaora-Anterselva, dove ha trascorso la notte dormendo su una panchina. Questa parte del racconto — spiegano in Procura — è vera, in quanto sono state raccolte delle conferme sul fatto che Dzenana Mangafic’ abbia dormito in stazione: le telecamere di sicurezza hanno infatti ripreso la donna in stazione.

Poi, solo alla mattina successiva, cioè lunedì verso le 9, la donna ha pensato di avvisare qualcuno: nemmeno in questo caso, però, ha allertato la polizia o i carabinier­i, ma ha preferito telefonare a un nipote di Kurt Huber. Si tratta di un nipote che vive a Brunico e del quale la donna aveva il numero. È stato il nipote, appena appresa la notizia , ad avvisare quindi immediatam­ente i carabinier­i. Secondo l’ufficiale sanitario che, lunedì mattina ha constatato il decesso, questo sarebbe avvenuto alle 5 di notte e non alle 18 di domenica, come dichiarato da Dzenana: una differenza di 11 ore che rappresent­a, secondo gli inquirenti, uno degli aspetti poco convincent­i del racconto della donna. L’altro riguarda il motivo per cui sarebbe stato dato l’allarme con molte ore di ritardo. Sarà l’autopsia, disposta venerdì (in incidente probatorio), a chiarire meglio alcuni aspetti dell’inchiesta, tra cui l’orario del decesso di Kurt Huber. Già esclusa dagli inquirenti, infine, l’ipotesi che a uccidere l’uomo possa essere stato un rapinatore durante un colpo finito male: l’uomo era in difficoltà finanziari­e e oltretutto non avrebbe mai potuto inseguire un ladro.

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