«Ci sarà una volta» Favole rock di Gianco
Dipendesse da lui, racconterebbe una favola rock. Magari la sua vicenda di rocker settantaduenne ancora on the road che ha prima costruito la storia musicale italiana e poi l’ha rigenerata, arricchita e infine destrutturata abbattendo i luoghi comuni. Ma ora Ricky Gianco (nella foto) si prepara a raggiungere Mori nel prossimo fine settimana per il festival Ci sarà una volta, favole e mamme in ambulatorio. Tre giorni in cui medici e operatori dialogheranno con mamme non italiane. Un’idea, articolata già in altri appuntamenti, di Andrea Satta, pediatra e cantante dei Tétes de Bois. Con Gianco ci saranno tra gli altri, Paolo Hendel e Sergio Staino. Ricky, che cosa c’entrano le favole con il rock? «Guardi che non è che i rocker non abbiano un cuore. Dai tempi in cui abbiamo fondato l’Ultima spiaggia con Gianfranco Manfredi, Nanni Ricordi, Enzo Jannacci e altri abbiamo a cuore il cosiddetto “sociale”. E l’operazione, anche in Trentino, è bellissima. Creare incontri tra persone, tra mamme, tra papà». Ricorda le favole che le raccontavano da bambino? «Poco. Erano comunque fiabe paurose. Ha presente quando dicevano “Se non fai il bravo, arriva l’uomo nero”? Ecco, quelle». Canterà o suonerà, anche? «Se capita. Ma ho un problema. L’altro giorno sono scivolato andando a funghi. Mi sono “sgangherato” una caviglia e un ginocchio. Niente di rotto, per fortuna. Ma tra una stampella, i bagagli, eccetera, la chitarra come la porto con me? Magari ne trovo una». Però potrà portare con sé la sua voce… «Ah, quella è rimasta. Ho perso capelli ma la voce c’è. Non credo sia il caso di cantare in questo contesto. Semmai propongo Compagno sì, compagno no, compagno..., Andrea Satta condividerebbe, o Pietre e Sei rimasta sola: le cantano ancora tutti».
Continua a far spettacoli e lo dimostra il successo del suo “È tutta colpa del rock’n’roll”, che non è solo un concerto. «Magari torno da voi per proporlo». Lei è nonno. Che cosa racconta ai suoi cinque nipoti? «I primi sono grandini. Le ultime due, splendide, sono in Sri Lanka. A loro racconto il mio lavoro, il mio canto, che se vogliamo è stato anche una favola». E raccontare dove va il rock lei che ha una identità così forte? «Il futuro del rock è nella massima libertà d’espressione. E non è più una cosa che ci colonizzava. Ora sono bravi tutti, dal Giappone all’Africa. Meno male».