Corriere della Sera

L’hotel nato da un convento (con l’aiuto dell’ultima suora)

A Nizza il lusso austero che cambia un quartiere: «Abbiamo capito tutto grazie a lei»

- Silvia Nani

L’ingresso? Bisogna cercarlo, mimetizzat­o nell’angolo della piazzetta nel cuore di Nizza vecchia: un semplice varco ricavato nella pietra protetto da un portoncino. Nessuna insegna, solo delle austere lettere in metallo indicano un nome — Hotel du Couvent — che fa intuire come qui ci sia un albergo ambientato in un ex convento di cui ha conservato l’atmosfera di sobrietà e discrezion­e. Superata la soglia, la vista si apre su un piazzale punteggiat­o da alberi di arancio, antistante un imponente complesso che si snoda attorno a una corte. Accanto, un edificio contempora­neo occhieggia sullo sfondo delle case basse della città vecchia. Già si intuisce la doppia anima del luogo: appartato eppure, oggi, calato nella vita.

«Il convento risale al ‘600. Costruito dalle Clarisse a cui due secoli dopo subentrò l’ordine delle Visitandin­e, presente qui fino agli anni ’80 quando le quattro suore superstiti furono trasferite in un eremo nell’isère. E il convento fu dismesso. É merito di suor Marie-chantal, l’ultima, oggi quasi novantenne, se siamo riusciti a ricostruir­e dettagli interni e costruttiv­i», premette Louisantoi­ne Grégo, architetto e autore con il suo Studio Méditerran­ée del restauro dell’hotel du Couvent, da poco inaugurato dopo 10 anni di lavori. «I materiali, i colori, l’atmosfera: li abbiamo capiti grazie a lei, vissuta qui da quando diciottenn­e prese i voti». Sempre alla suora si deve la nascita dell’edificio più moderno: «Prima c’era una casa bassa, un rudere, costruita nel dopoguerra dopo i bombardame­nti», racconta Grégo. «Da una delle sue tante foto abbiamo invece appurato come l’edificio originario fosse alto quanto il resto del complesso. Così siamo riusciti a sbloccare il progetto, recuperand­o il volume originario». Qui aria e luce sono il filo conduttore: la facciata è rivestita da persiane orientabil­i che filtrano il sole e il vento. Luminosità e ventilazio­ne connotano anche la piscina termale sotterrane­a, grazie a un grande foro a soffitto, «da cui entra piacevolme­nte anche la pioggia», precisa Grégo.

Semplicità e pace sono le prime sensazioni che si provano vagando nella corte e sotto il porticato dell’edificio storico, e poi salendo nei giardini pensili: sembrano selvaggi, sono invece risultato di una ricerca accurata di specie autoctone. Alberi da frutto, ulivi, piante officinali profumano l’aria. Unico sottofondo, il gorgoglio dell’acqua che zampilla da vecchie fontane in pietra. Sembra quasi di vedere le suore venire qui a meditare e pregare, ma ecco che il bistrot immerso nella vegetazion­e e la piscina a nastro con vista su Nizza ci riportano alla realtà.

Stesso effetto di straniamen­to si prova nei lunghi corridoi dell’edificio storico lasciati volutament­e spogli, e nelle camere che rileggono, pur con tutti i comfort, lo stile monastico. «Le pareti trattate a calce riprendono il color crema originario, il pavimento è stato scrostato per riportare alla luce il cotto e il legno. Tavoli e scrittoi sono stati fatti usando il legno di recupero delle vecchie travi del tetto», raccontano Hugo de Sauzay e Charlotte de Tonnac dello studio parigino Festen, autori dell’interior. Il resto dell’arredo è frutto della loro ricerca nei mercati e dagli antiquari francesi e italiani, con qualche chicca come il tavolo del refettorio-ristorante: «Trovato a Bologna, proveniva da un monastero della stessa epoca. Perfetto qui». Le camere, dalla più piccola effetto cella alle suite con giardino dotate anche di cucina, rivelano l’anima inclusiva del progetto: accogliere tutti, da chi viaggia solo alle famiglie. E secondo questo principio è stata recuperata la vecchia panetteria che ogni giorno sforna pane e croissant della colazione, e l’erborister­ia, a cui chiedere tisane e miscele personaliz­zate, oggi accessibil­i a tutti. Come lo è il ristorante, autore di piatti tradiziona­li del sud della Francia creati con verdure, erbe e frutta dall’orto «di casa». Le stesse in vendita al mercato settimanal­e nella corte dell’hotel, aperto alla cittadinan­za.

Fuori dal tempo, ma nel nostro tempo: il fascino è la dicotomia. Basta guardare il personale, giovanissi­mo e internazio­nale, con i ragazzi vestiti di nero e le ragazze in abito longuette color ciliegia, citazione monacale, per sentirsi trasportat­i in un film. Manca solo la protagonis­ta, suor Mariechant­al. Ma dicono che verrà presto a vedere la nuova vita del Convento. In fondo, oggi è tornato anche un po’ suo.

” Materiali, colori, atmosfere: suor Marie Chantal ci ha aiuto con i ricordi

Il tavolo del refettorio era di un monastero italiano della stessa epoca, il Seicento

La corte dell’edificio ospita il mercato settimanal­e aperto alla cittadinan­za

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Monastico A destra, il ristorante­refettorio dell’hotel du Couvent; in alto l’area interessat­a alla riqualific­azione; sotto, suor Marie-chantal, oggi

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