Corriere della Sera

Le ombre naziste dietro il patrimonio dell’uomo più ricco della Germania

- Dalla nostra corrispond­ente Mara Gergolet

Pochi conoscono fuori dalla patria il nome di Klaus-michael Kühne, anche se è l’uomo più ricco della Germania. Più di François Pinault, per fare un paragone tra vegliardi, o di Mackenzie Scott che ha divorziato da Jeff Bezos portandogl­i via metà del patrimonio, per restare alle cronache. Kühne, 87 anni, il re delle spedizioni e presidente onorario del colosso della logistica Kühne + Nagel, vale — secondo Forbes — 44 miliardi, ed è anche il più grande imprendito­re tedesco che non abbia mai accettato di fare i conti con l’origine della propria fortuna. Che risale, come per altri, all’epoca nazista. Nel suo caso, nella più vergognosa e sistematic­a rapina dei beni ebrei.

Ora un’inchiesta del Vanity Fair americano svela quel che i tedeschi a grandi linee sapevano, ma di cui non hanno mai conosciuto i dettagli. Sono anni che la pressione su Kühne si è fatta incalzante, quando i premi letterari che la sua fondazione distribuis­ce vengono rifiutati, o la tomba di suo padre Alfred sfregiata con la scritta «nazi-kapital». Né lui, schivo, nessun erede, una moglie di un anno più giovane di lui, sposata quando aveva 52 anni, si è ritirato dalla vita pubblica. Da decenni risiede in Svizzera, ma è anche il principale mecenate e finanziato­re di Amburgo, dov’è nato e dove è stato sindaco Olaf Scholz. È il proprietar­io dell’amburgo (che vinse una Coppa Campioni contro la Juve), ha finanziato l’elbphilhar­monie di Herzog & de Meuron. Un benefattor­e.

Il segreto di famiglia è l’eredità di suo padre Alfred. Era il 1933, tre mesi dopo il giuramento di Hitler da cancellier­e, quando i fratelli Kühne (il padre e lo zio Werner) estromiser­o l’altro socio, l’ebreo Adolf Maas dall’azienda Kühne + Nagel, senza compensazi­one. Arianizzaz­ione, si chiamava. Il business delle spedizioni decollò. Tra il 1942 e il 1944 i Kühne diventaron­o immensamen­te ricchi. Furono loro a organizzar­e da monopolist­i la Möbelaktio­n, il saccheggio e trasporto in Germania dei mobili recuperati dalle 70 mila famiglie ebree che furono poi deportate nei lager. Francia, Belgio, Olanda: non c’era paesino sperduto dove i Kühne non arrivarono. Uno storico di Monaco, Frank Bajohr, li mette nella categoria di chi riforniva di Zyklon B le camere a gas: funzionali all’annientame­nto della vita ebraica in Europa.

Lì era l’origine della fortuna. Klaus-michael entrò nell’azienda nel 1958, a 21 anni, e la trasformò in un potentato mondiale. Non negò mai i crimini, pagò come altri 6.500 business tedeschi indennizzi agli ebrei. Nel 2015 commission­ò una seria indagine sulla famiglia. Ma non riconobbe le conclusion­i e si rifiutò di pubblicarl­a. «A un certo punto — disse — bisogna lasciar depositare sulle cose la polvere della storia». La sua devozione al padre resta assoluta.

 ?? ?? Mecenate Klaus-michael Kühne, 87 anni, presidente onorario del colosso Kühne + Nagel. Un’inchiesta di Vanity Fair ricostruis­ce l’origine dei suoi patrimoni: il padre trasportav­a i beni saccheggia­ti a 70 mila famiglie ebree durante il nazismo
Mecenate Klaus-michael Kühne, 87 anni, presidente onorario del colosso Kühne + Nagel. Un’inchiesta di Vanity Fair ricostruis­ce l’origine dei suoi patrimoni: il padre trasportav­a i beni saccheggia­ti a 70 mila famiglie ebree durante il nazismo

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