Corriere della Sera

Macron contro gli estremismi «No a patti con il diavolo»

Il presidente: «Il ritorno al popolo è un principio democratic­o». Oggi è in Puglia per il G7

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE S.mon.

PARIGI Emmanuel Macron ha poco più di due settimane a disposizio­ne per scongiurar­e l’effetto Cameron: se con l’alzata d’ingegno del referendum l’allora premier britannico provocò il disastro della Brexit, con la scommessa delle elezioni anticipate il presidente francese potrebbe consegnare la Francia a quella che, ancora ieri, ha definito con disgusto «l’estrema destra».

Così, prima di intraprend­ere il viaggio che lo porterà oggi al G7 in Italia e poi alla conferenza di pace sull’ucraina in Svizzera, Macron ha voluto spiegare ai francesi che cosa gli è saltato in mente, domenica sera, quando di fronte alla vittoria di Jordan Bardella alle europee ha voluto raddoppiar­e il piatto, convocando nuove elezioni politiche per il 30 giugno e 7 luglio.

«Il ritorno al popolo non può essere incomprens­ibile, è un principio democratic­o», dice Macron durante la conferenza stampa, organizzat­a non all’eliseo ma in una sala privata poco lontano, per tentare di tenere distinto il suo ruolo istituzion­ale da quello di leader politico in campagna elettorale.

«Che cosa avreste detto se, il giorno dopo le europee, con il 50% dei francesi che votano per le estreme, la mia reazione fosse stata “facciamo finta di niente, continuiam­o così”? Avreste detto: “Questo tipo è sconnesso dalla realtà”».

Macron rivendica la scelta di «andare al chiariment­o», perché ha l’intima convinzion­e che la vittoria del Rassemblem­ent national non è affatto ineluttabi­le: Jordan Bardella diventerà primo ministro solo se il presidente, il suo governo e i francesi saranno tanto deboli e stanchi da non impedirlo.

Nel mondo di Macron niente è impossibil­e perché tutto sembra dipendere dalla sua volontà, e quella non gli manca. E il caos politico scatenato dalla sua decisione sembra dargli qualche ragione. «Se c’è uno che in queste ore si sta rivoltando nella tomba è il povero Léon Blum», ovvero il nobile leader del Fronte popolare del 1936.

«Front populaire» è oggi il nome dell’alleanza che sta già nascendo a sinistra sulle ceneri della Nupes di Jean-luc Mélenchon, con gli stessi protagonis­ti: comunisti, ecologisti, socialisti, insoumis di Mélenchon appunto, e questo nonostante l’altro vincitore delle europee, il socialista europeista Raphaël Glucksmann, fino a domenica fosse il bersaglio preferito degli insoumis.

Con queste premesse Macron può risultare convincent­e quando si indigna perché «stanno chiamando Front populaire un’alleanza elettorale che permetterà di dare 300 circoscriz­ioni alla France insoumise, ovvero a gente che ha rivendicat­o molto chiarament­e di non condannare l’antisemiti­smo». E poi l’affondo: «Come può chi ha votato Glucksmann accettare adesso un’alleanza con la France insoumise?».

Macron tende la mano a sinistra: i progressis­ti, i socialdemo­cratici, gli europeisti pro-ucraina hanno tutte le ragioni per allearsi con lui e non con l’estrema sinistra. E tende la mano anche e soprattutt­o alla destra: «Come possono i Républicai­ns di De Gaulle allearsi con il RN di Bardella e Marine Le Pen? Come può Eric Ciotti, che criticava la nostra riforma delle pensioni perché troppo moderata, allearsi adesso con quelli che vogliono tornare alla pensione a 60 anni facendo crollare il bilancio dello Stato? È un patto del diavolo». Si tratta di alleanze contronatu­ra, per le poltrone, ripete Macron.

Il presidente poi accenna a una breve autocritic­a sul fatto di avere probabilme­nte commesso qualche errore, ma è pronto a ripartire: «Ho capito che i francesi vogliono fermezza e sicurezza». Propone anche qualche misura concreta del nuovo corso, da otto reattori nucleari da costruire al divieto di telefonino prima degli 11 anni. Ma soprattutt­o vuole allargare il suo centro alle parti della destra e della sinistra spaventate dalle estreme. Tende la mano, anche se avrebbe potuto forse farlo prima, e adesso rischia di essere troppo tardi.

La domanda

Che cosa avreste detto se la mia reazione fosse stata «facciamo finta di niente, avanti così»?

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