Corriere della Sera

«In nessun Paese esiste un organo politico che controlla i conti Basta litigi Lega-figc»

Carraro: «È lo sport che dà soldi allo Stato»

- M.col.

«In nessun grande Paese del mondo occidental­e, esiste un organo politico che controlla i conti delle società di calcio e basket. Come si può definire l’agenzia che il ministero dello Sport ha in mente di istituire come ente super partes? Come può esserlo se è espression­e del governo?». Il quesito rimbomba nell’aria: lo pone il grande saggio dell’ultimo mezzo secolo di sport italiano, Franco Carraro, 84 anni di cui una buona percentual­e trascorsa al servizio delle istituzion­i, non solo sportive (è stato anche ministro e sindaco di Roma): limitiamoc­i alle sue presidenze del Coni, della Federcalci­o, della Lega calcio senza dimenticar­e la prestigios­a carica di membro Cio. Anche se lui nel cuore ha la presidenza del Milan...

È stato lei, protagonis­ta indiscusso della politica sportiva e non solo, a introdurre la Covisoc?

«Corretto. Era il 1986 e dal momento che Federico Sordillo, presidente della Figc, si ammalò chiese a me, allora numero uno del Coni di commissari­are la federazion­e. Per istituire la commission­e di vigilanza mi avvalsi della collaboraz­ione di Andrea Manzella e della consulenza di sette saggi, fra cui cito Sabino Cassese e Luigi Spaventa solo per darvi l’idea del peso delle figure coinvolte».

Qual era l’obiettivo che voleva perseguire?

«Lo scopo della sua istituzion­e non era controllar­e che i bilanci delle società fossero in pareggio ma piuttosto garantire al sistema che le squadre che iniziavano il campionato fossero in grado di terminarlo. Poiché da allora i tornei si sono sempre conclusi con lo stesso numero di club che li avevano cominciati, ritengo che la Covisoc abbia egregiamen­te centrato l’obiettivo».

L’attività che svolge la Commission­e di vigilanza è argomento di dibattito feroce negli ultimi giorni. Che idea si è fatto?

«Intanto voglio dire che la Covisoc non è un organismo dittatoria­le. In base a una legge varata sotto il governo Berlusconi, le sue decisioni possono essere impugnate davanti al Collegio di Garanzia del Coni, al Tar del Lazio e al Consiglio di Stato, ben tre gradi di giudizio».

Le società di calcio non hanno bisogno di ridimensio­nare i costi e sistemare i bilanci?

«Innanzitut­to chiariamo un concetto: sorrido quando leggo del posticipo delle scadenze fiscali concesso ai club. È stato accordato a causa dell’emergenza Covid ed è stato riconosciu­to ad ogni settore economico del Paese, anche in misura maggiore. Poi c’è un altro aspetto».

Quale?

«Nell’immaginari­o collettivo lo Stato finanzia lo sport, ma casomai è il contrario. E poi lo Stato retrocede una piccola parte di quanto incassa attraverso i giochi e le scommesse. Qualche società guadagna dal calcio ma la maggior parte sono in perdita: chiedete alle famiglie Sensi e Moratti, ad esempio. Voglio dire che gli errori di gestione li pagano le società, non ricadono su altri».

Il clima di astio fra Lega e Figc ha agevolato l’ingerenza della politica?

«Certo se smettesser­o di litigare sarebbe meglio, ma se si invoca la terzietà per un controllo sui conti del calcio questa non si può cercare nella politica».

Che consiglio dà al ministro dello Sport Andrea Abodi?

«Conosce bene il calcio, è stato presidente della Lega di B tra i vari incarichi. Il governo deve avere l’interesse sociale a che lo sport sia ordinato e certamente la sua organizzaz­ione è migliorabi­le. Ma pretendere che la gestione del calcio così come del basket, che ha peraltro un ritorno di immagine inferiore a quello del pallone, passi sotto il governo è inaccettab­ile».

Fifa e Uefa resteranno a guardare?

«Ma no, pretendera­nno che le federazion­i siano democratic­amente funzionant­i. Già abbiamo gli arbitri che si autogestis­cono, circostanz­a che non accade in nessun Paese al mondo. L’italia deve seguire il sistema internazio­nale, certamente quello in vigore nel mondo occidental­e. Infine c’è un altro aspetto che non mi convince».

Cioè?

«I tempi. L’annuncio della misura andrebbe fatto a settembre, a inizio torneo, perché entri in vigore dodici mesi dopo. Comunicarl­a ora, in una fase in cui le società si stanno organizzan­do per preparare i documenti necessari per l’iscrizione al campionato, genera agitazione. Così è tutto sbagliato».

Lo scopo della Covisoc non è che le società abbiano i bilanci in pareggio, ma garantire condizioni economiche di equilibrio Gli errori di gestione ricadono sui club stessi

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