Djokovic in balia del tornado Sinner «Fa tutto meglio, la classifica parla»
Montecarlo col nuovo coach, senza ambizioni
MONTECARLO Un campo defilato, un fuoriclasse interrotto, abituato a tutto: tranne che a perdere. È sotto traccia il ritorno in campo di Novak Djokovic, il numero uno braccato da Jannik Sinner: 1.015 punti formano il tesoretto da difendere sulla terra dall’assalto del ragazzo italiano che, dalle Atp Finals, quando Jannik trovò l’antidoto al Djoker, non gli dà tregua. Torino (girone), Malaga (Coppa Davis, tre match point annullati), Melbourne (semifinale dell’australian Open). Da quattro mesi il tennis è quello sport che si gioca in due e vince sempre Sinner, forse ha ragione Adriano Panatta quando dice: «Come Mcenroe interruppe il regno di Borg, così Jannik manderà in pensione Djokovic».
Saltata Miami, archiviata Indian Wells con il suo dolorosissimo kappaò al terzo turno (con l’ottimo Luca Nardi), Djokovic partecipa al Master 1000 di casa (vive nel Principato da anni, i suoi figli sono nati qui) con un understatement d’altri tempi: «Da questo torneo non mi aspetto niente, visto come sto giocando quest’anno. Sto ricostruendo il mio tennis sulla terra con l’obiettivo di essere al picco della performance prima al Roland Garros e poi ai Giochi olimpici». Quasi una rinuncia implicita a Montecarlo, che si è annesso «solo» due volte (2013 e 2015) in un’era lontanissima: si apriva il conclave per la successione di papa Benedetto XVI e Sinner completava la sua felice transizione dallo sci alla racchetta, lasciando presagire un problema che, all’epoca, il Djoker non sapeva di avere. Già, Jannik: l’allarme rosso nella primavera del suo scontento, la crepa diventata voragine. L’uomo dei 24 titoli Slam si aspetta la domanda, è rassegnato a parlarne: «Dall’inizio dell’anno ha perso un incontro, è chiaro che in questa stagione il migliore è Jannik. Fisico, presenza, servizio: è migliorato in tutto, è stato bravo a imparare da esperienza ed errori. Che sapesse spaccare la palla lo sapevo già, ma ora detta il gioco sbagliando pochissimo e vince i big match. La classifica parla».
In una manciata di settimane, il mondo di Novak Djokovic è cambiato. Riferendosi all’ennesimo forfeit di Rafa Nadal, parla di sé («Alla sua età, con il suo palmares, si è guadagnato il diritto di fare ciò che vuole»), conferma il focus sull’oro olimpico che gli manca («Certo l’erba di Wimbledon incastrata tra i due eventi su terra a Parigi non è l’ideale: saranno i mesi cruciali della mia stagione» dice smentendo l’indiscrezione di voler saltare l’appuntamento con l’all England Club), racconta — dopo Ivanisevic — di essere seguito da Nenad Zimonjic, 47 anni, ex re del doppio, la figura di cui in questo momento ha più bisogno: «Lo conosco da quando ero bambino, è stato mio capitano in Davis. L’ho sempre considerato un mentore, un fratello maggiore. Non abbiamo né accordi di lunga durata né contratto. C’è un’amicizia vera, però. Vediamo come va».
Navigare a vista, per sopravvivere tra le onde della tempesta scatenata da Jannik Sinner. Nel circuito il sorpasso su Djokovic è considerato ineluttabile, se non già a Montecarlo (dove Jannik, atteso in campo mercoledì, ha più punti da difendere del serbo: 360 contro 90), più avanti, nei dintorni di un Roland Garros che potrebbe rivelarsi rivoluzionario. Certo la doppietta Miami Open-montecarlo è impresa per palati finissimi: dall’85 è riuscita a un solo fenomeno, Djokovic nel 2015. Ma con la mente sgombra dalla polvere del tempo.
Da questo torneo, per come sto giocando in questa stagione, non mi aspetto niente Punto a Parigi Mi allena Nenad Zimonjic, un amico, quasi un fratello maggiore Non c’è contratto, vediamo come va