Corriere della Sera

Pavé e chicane, la Roubaix da brividi

Van der Poel il favorito: «Mi sembra una barzellett­a, ma mi adeguo». Balsamo 2ª nella prova femminile

- Di Marco Bonarrigo

Tre minuti e 15” di furibonda follia agonistica: il cuore batte 185 colpi al minuto, la velocità tocca i 55 km/h, le gambe scaricano sui pedali fino a 720 watt per poter tenere in equilibrio la bici sui lastroni irregolari e scivolosi di porfido. Questa è la Foresta di Arenberg (i numeri sono quelli di Sonny Colbrelli quando la vinse nel 2021), dal 1968 settore simbolo della Parigi-roubaix: un rettilineo in pavé di 2.270 metri a quasi 100 chilometri dal traguardo ma decisivo per capire chi non vincerà la corsa ciclistica più pazza del mondo. Oggi dopo 56 anni la Porta dell’inferno non si spalancher­à direttamen­te davanti ai partecipan­ti: il gruppo dovrà infilarsi prima in una chicane artificial­e disegnata con le transenne (destra a 90°, sinistra a gomito, destra a 90°) per abbassare la velocità. L’obiettivo è risparmiar­e più costole e clavicole possibili in tempi di terribili cadute ma, mancando prove sul campo, nessuno può dire se ci si fa più male cozzando a 55 all’ora contro una transenna della chicane o scivolando nella canaletta di Arenberg più avanti: lo sapremo tra le 15 e le 15.20.

Mathieu Van der Poel storce il naso ma francament­e se ne infischia: «A me la chicane pare una barzellett­a — spiega il campione del mondo, oggi strafavori­to — ma se hanno deciso così mi adatto». Per l’olandese (trionfator­e lo scorso anno) e per 174 colleghi il copione prevede 259,7 chilometri e 29 tratti di pavé per un totale di 55,7 km che a quanto si è visto ieri con le ragazze (bravissima Elisa Balsamo

battuta in volata solo dall’iridata Kopecky) sono meno trucidamen­te fangosi di quanto facessero ipotizzare le piogge delle ultime settimane. Dopo un Fiandre di arrogante bravura, VDP è volato in Spagna a rifinire la gamba. Oggi dovrà vedersela con Mads Pedersen e la sua attrezzati­ssima Lidl-trek (dove c’è anche Jonny Milan nel ruolo di jolly), con il compagno Philipsen nel caso di volata allargata, con Kung, Politt, Merlier e Van Baarle. Senza sottovalut­are nessuno perché la Roubaix — vedi il carneade australian­o Hayman nel 2016 — è paradossal­mente così esclusiva da poter essere vinta da quasi chiunque.

Ieri la miglior notizia dall’ultima tappa del Giro dei Paesi Baschi è che nessuno è finito per terra. Classifica finale al talento spagnolo Ayuso, bollettino medico dei big caduti in battaglia non rassicuran­te: Vingegaard dovrà rimanere con un collare protettivo per otto settimane, Evenepoel tornerà in bicicletta tra un mese mentre per Jay Vine la prognosi resta riservata. Il boss del Tour Prudhomme discolpa gli organizzat­ori (che pure giovedì non avevano segnalato la pericolosi­tà del tratto in cui è caduto anche Evenepoel) e propone cartellini gialli e rossi per i corridori più indiscipli­nati. Il sindacato tace.

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Elisa Balsamo, ieri seconda; a sinistra, Van der Poel si allena sulle pietre (Afp)
Pietre Elisa Balsamo, ieri seconda; a sinistra, Van der Poel si allena sulle pietre (Afp)
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