Polemica sulle bocciature di Burioni Il rettore ai ragazzi: «Fallimenti utili»
Dal morbillo all’influenza, i quiz superati solo da 10 su oltre 400 all’Università San Raffaele
MILANO La scarlattina può essere causata dallo streptococcus pyogenes? Il morbillo, dopo la guarigione della fase acuta, dà un’immunità permanente contro l’agente infettivo? La ricerca dell’Rna virale in un tampone orofaringeo serve a confermare una diagnosi di influenza? Eccole, le domande della discordia che gli iscritti al terzo anno della facoltà di Medicina del San Raffaele di Milano hanno dovuto affrontare come pretest per accedere all’esame di Microbiologia del professor Roberto Burioni. In tutto i quesiti erano otto, per ciascuno venivano suggerite cinque risposte (più di una poteva essere vera). Quindici i minuti di tempo per completare il questionario.
Chi le ha azzeccate tutte, è passato. Agli altri toccherà ritentare. Come denunciato da una studentessa con un video su TikTok — poi cancellato —, solo dieci su 408 sono riusciti nell’impresa. «Non credo che sia normale», la sua opinione. Tanto è bastato per creare due schieramenti contrapposti sui social (e non solo). Colpa del docente che non ha preparato bene la classe, dice qualcuno. Troppo poco il tempo concesso, aggiunge un altro. Chiedere il 100 per cento di successi è eccessivo, concordano in molti. Una delle bocciate sottolinea poi che «spesso sono le modalità d’esame a non essere particolarmente consone nel valutare a 360 gradi la preparazione di uno studente». Gianvincenzo Zuccotti, a lungo preside della facoltà di Medicina alla Statale, sostiene che sia giusto tenere alta l’asticella. Però... «Sicuramente qualcuno tra i banchi non era preparato, ma se solo 10 su oltre 400 hanno risposto adeguatamente, forse serve un minimo di autocritica. È successo anche nei nostri corsi». Persino il Codacons non rinuncia a esprimersi e invita il rettore del San Raffaele a intervenire, prevedendo un ispettore esterno agli esami di Burioni.
Molto nutrita anche l’altra fazione, animata da commentatori che esortano i ragazzi a studiare con più dedizione («ai miei tempi...»), considerano le domande più che abbordabili, applaudono il professore perché argina l’incompetenza e ricordano che l’alto tasso di bocciature è frequente anche in altre facoltà. Lo stesso virologo ieri al Corriere ha commentato: «Forse, trattandosi in fondo del primo vero esame in cui si parla di malattie, molti studenti non hanno inquadrato bene la materia: si tratta solo di studiare di più».
In quest’arena la voce di Enrico Gherlone, rettore dell’ateneo di via Olgettina, cerca di riportare equilibrio. Il mondo di oggi è sempre più competitivo, riflette, e nemmeno le università si sottraggono a questa logica. «Diventa sempre più difficile sopportare il fallimento in un esame — aggiunge —. A tutti i miei studenti vorrei ricordare una frase di Gianni Rodari: “Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa”. La paura del fallimento è sopravvalutata, perché è solo dai propri errori che si matura quella consapevolezza di sé utile a ingenerare un cambiamento positivo. Ecco, allora, che il fallimento va raccolto come una meravigliosa opportunità di crescita e di miglioramento personale».
La severità, «nell’ambiente protetto dell’aula, serve a formare e non a danneggiare». Riconosce che le modalità di accesso agli esami si sono evolute nel tempo: «È normale che mutino, per contro, anche le modalità con cui gli studenti affrontano tali novità. L’invito che voglio rivolgere loro è quello di continuare ad avere fiducia in loro stessi, ma anche nei professori, e di coltivare quella forza di volontà necessaria per affrontare un percorso complesso, ma che forma alla professione più bella del mondo: quella di medico».