Corriere della Sera

Siamo Odm, organismi digitalmen­te modificati

- Di Mauro Crippa e Giuseppe Girgenti

Anostro avviso, il grande rischio dell’IA non è che essa diventi come l’intelligen­za umana, ma semmai il contrario: che l’intelligen­za umana smarrisca le sue caratteris­tiche e si appiattisc­a su quella artificial­e, venendone travolta.

Questo libro si propone di redigere un manuale di sopravvive­nza dell’intelligen­za umana e di resistenza all’IA, anzitutto rendendoci consapevol­i delle qualità irriducibi­li dell’umano rispetto al tecnologic­o. Non c’è molto tempo perché le lesioni ai nostri nessi cognitivi e alla nostra comprensio­ne del reale sono già operanti e profonde. (...)

Il gruppo Bending Spoons ha prodotto una App di nome Remini, scaricata da centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo. Con Remini, caricando qualche immagine fotografic­a di una persona, si ha la possibilit­à di produrre nuove immagini sintetiche, facendo fare al soggetto qualsiasi cosa. Dieci, cento, mille avatar sono a disposizio­ne di chiunque sappia usare una App. Questo però non è teatro pirandelli­ano, ma una potenziale disgrazia che rischia di innescare una carica esplosiva sotto la nostra identità. (...)

Il tono trasgressi­vo e curioso dei ragazzi di Bending Spoons — imprendito­ri che, letteralme­nte, tutto il mondo ci invidia —, e di chiunque parli delle nuove conquiste dell’IA, ci disturba se solo pensiamo che, quando interagiam­o con un’IA, stiamo in realtà parlando con una succession­e di 0 e 1, cioè di un filo di presenza-assenza di un impulso elettrico.

Non vogliamo essere catastrofi­ci. Forse non saremo mai soffocati da un algoritmo assassino (ciò che tecnicamen­te sarebbe già possibile in una casa domotica); ma resta il fatto che noi stessi siamo già un organismo digitalmen­te modificato, poiché — nella vita di ogni giorno — siamo funzionali a un codice algoritmic­o che, una volta creato, dispone di ampi margini di autonomia e intervento.

Siamo noi stessi il Frankenste­in che abbiamo creato; il confronto non è uomo-macchina, non è una questione agonistica, non è un gioco a chi è più intelligen­te, il tema è piuttosto quanto diventa diversa l’intelligen­za umana nel momento in cui viene potenziata e, nello stesso tempo, depotenzia­ta dalla macchina.

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