Claudio Baglioni, il «teatro totale» e la potenza delle canzoni
Nel giorno degli innamorati e di San Valentino, Rai1 ha puntato sul progetto musical-visionario (più visionario che musicale) di Claudio Baglioni e del suo tour aTUTTOCUORE (Rai1). Non proprio l’immaginario classico del romantico e del sentimentale, ma almeno al centro del racconto c’è il cuore, «unità di misura cui si deve tutto: il solo orologio con l’ora esatta, il solo a cui dare retta» (da San Valentino ai cartigli dei cioccolatini il passo è breve).
L’evento televisivo prende le mosse dal lungo tour d’addio del cantautore romano che ha recentemente annunciato gli ultimi mille giorni d’attività prima di salutare le scene (facendo due conti, sono pur sempre altri quasi tre anni di «baglionate»). Non si tratta semplicemente di un concerto, ma di un concept che fonde teatro, danza, costumi, performance sotto la direzione artistica di Giuliano Peparini, mentre a Duccio Forzano è stato affidato il compito di districare la matassa per restituire una passabile regia televisiva dello show.
Da molto tempo, ormai, i concerti musicali (i live) non sono solo esibizioni canore, ma spettacoli che si alimentano di coreografie, giochi di luce, esperienze immersive, contaminazioni di linguaggi, grafiche tridimensionali che non sempre possono essere pienamente colti nella loro resa puramente televisiva, specie quando l’ambizione è smisurata.
aTUTTOCUORE trae ispirazione dal cosiddetto «teatro totale» (ispirato al concetto di «opera d’arte totale» espresso dal compositore Richard Wagner a metà Ottocento; hai detto niente!) in cui convergono diverse arti che si fondono in una sintesi espressiva.
Nel futuro a-temporale (e un po’ distopico) immaginato da Baglioni, spazi e architetture sono costruiti per dare forma e parlare dell’evoluzione del mondo e dell’uomo, dalla notte dei tempi al domani, dove l’unica costante è appunto il cuore con i suoi battiti e i suoi ritmi!
Messaggio temerario, soprattutto per una prima serata di Rai1, dove nonostante il dispiego di forze (un centinaio i performer impegnati, 550 i costumi originali), rimangono soprattutto le canzoni e i successi più amati dal «suo» pubblico. Ma cantare e basta, no?