Corriere della Sera

Terzo mandato, FdI frena la Lega I sindaci pd contro il no dei vertici

Premierato, la proposta di Pera: in Costituzio­ne uno statuto e un capo per l’opposizion­e

- Marco Cremonesi

La data c’è, martedì 20 febbraio. Quel giorno il Senato affronterà il decreto elettorale che fissa l’election day per le Europee e le amministra­tive l’8 e 9 giugno. Nelle ore successive, forse giovedì e salvo sorprese, la maggioranz­a boccerà un emendament­o della Lega. La questione è cruciale: la possibilit­à del terzo mandato per i sindaci e presidenti delle Regioni. Non si tratta di una delle non rare schermagli­e della Lega. L’emendament­o è indispensa­bile a non cedere nel 2025 a Fratelli d’Italia la presidenza del Veneto, oggi di Luca Zaia.

Ma dato che il Pd sa essere autolesion­ista, coglie l’occasione per rendere pubblica una divisione profonda.

La rivendicaz­ione sul Veneto è affermata a chiare lettere da FdI. Addirittur­a, dal più probabile candidato alla succession­e di Zaia: il senatore e coordinato­re veneto Andrea De Carlo. Che ad Affaritali­ani dice che il Veneto spetta al suo partito «non solo perché non abbiamo la presidenza di alcuna regione del Nord, bensì perché il dato delle Politiche è chiarissim­o: il 32,5% dei veneti ha votato FdI. Ma il candidato potrebbe essere proprio lui? «Io sono sempre pronto alle scelte che la nostra leader Giorgia Meloni prenderà». Non sembra esattament­e un no. Il vice segretario della Lega, Andrea Crippa, ironizza: «FdI non è d’accordo perché De Carlo vuol fare il presidente del Veneto?».

In mattinata, l’indirizzo di FdI pare quello di dichiarare i due emendament­i leghisti non ammissibil­i con il capogruppo FdI alla Camera Tommaso Foti: «Ritengo che, allo stato attuale, non sia possibile riconoscer­e i requisiti di necessità e urgenza» necessari a un decreto. Anche se più tardi, fonti parlamenta­ri sostengono che «l’emendament­o non pare inammissib­ile». Peraltro, il vicepremie­r azzurro Antonio Tajani ieri ha ribadito la posizione: «Non siamo favorevoli al prolungame­nto del mandato ai governator­i che hanno già avuto due mandati». Per la «tutela della democrazia e una garanzia di alternanza».

E così, nella Lega ci si predaco para a ricevere il voto contrario, quello che Davide Faraone (Iv) definisce «un altro potentissi­mo schiaffo agli “alleati” della Lega». Sospira un leghista: «Se ci fosse il voto segreto, quasi tutto il Pd voterebbe con noi...».

Il Pd, appunto. La chat interna dei sindaci dem ieri ha infatti preso a ribollire, subito dopo l’intervento del capogruppo al Senato Francesco Boccia: «Siamo totalmente in disaccordo sull’eliminazio­ne del limite dei mandati. Il sindaco ha un potere da figura apicale quasi assoluta e controbila­nciare il potere del sina quello del consiglio comunale fa bene alla democrazia». Di più: «Eliminare il limite dei mandati significa, soprattutt­o nei piccoli comuni, creare dei piccoli satrapi». Gli risponde duro il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci: «La linea espressa» da Boccia «non può essere la linea ufficiale del Pd. Il Pd trovi una sede dove discutere internamen­te». Mentre da Mantova, Mattia Palazzi chiede il terzo mandato nei Comuni sopra i 5 mila abitanti «come in tutti i Paesi europei. Solo Italia e Polonia hanno il limite dei due mandati».

E intanto, mentre la discussion­e sull’Autonomia si riapre alla Camera, al Senato si continua a parlare di un’altra riforma, quella per l’elezione diretta del premier. Che la settimana prossima rallenterà appunto per la discussion­e del decreto elettorale. In ogni caso, il presidente emerito del Senato Marcello Pera ha presentato due emendament­i al ddl sul premierato. Il primo, punta al cosiddetto «premier ombra», l’elezione formale di un «capo dell’opposizion­e». La seconda proposta di Pera punta ad accrescere i poteri del capo dello Stato per controbila­nciare quelli del premier direttamen­te eletto.

La lite tra i dem Boccia in tv: senza limiti sindaci troppo potenti Ricci (Pesaro): non può essere la linea del Pd

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy