Corriere della Sera

«Le democrazie sono deboli per questo voterò l’elezione diretta Dopo la crisi Europa più unita»

Tremonti: da un male come le guerre potrà venire un bene

- Di Paola Di Caro

«Non ha torto» Sabino Cassese quando sul Corriere scrive come le democrazie occidental­i — i loro processi decisional­i, la rappresent­anza delle rispettive istituzion­i, la partecipaz­ione alla vita politica — oggi presentino un quadro «sconfortan­te». Giulio Tremonti, presidente della commission­e Esteri della Camera e di Aspen Italia, oggi deputato eletto con Fratelli d’Italia, condivide. Come condivide anche, a questo proposito, la scelta del governo di fare un passo avanti deciso in direzione dell’elezione diretta del premier: «Già nel 1999 io e Urbani scrivemmo che i tempi erano maturi per passare a un cancellier­ato alla tedesca. Oggi, 25 anni dopo, va bene il modello del premierato. Io alla Camera lo voterei, come è stato presentato in Senato».

Tremonti lei ha quindi una visione pessimisti­ca dei possibili sviluppi delle democrazie continenta­li?

«No, al contrario. Da un male — come è quello che stiamo vivendo oggi con le crisi internazio­nali e le guerre e una serie di novità che irrompono sulla scena quasi ingovernab­ili — può venire un bene. Come è stato dall’inizio nella storia dell’Unione europea. Prima una fase eroica, Ventotene, poi il Trattato di Roma, tutto è arrivato dopo la guerra. Sono stati straordina­ri atti di coraggio. L’Italia aderì alla Ceca senza avere acciaio e carbone, perché c’era un’idea comune. E anche oggi io penso che l’Europa come entità più forte e unita possa essere la via d’uscita all’impasse del sistema. Paradossal­mente, anche stavolta “grazie” a guerre ed enormi problemi».

La debolezza delle democrazie, la divisione interna, le crisi sempre più frequenti, la frammentaz­ione del quadro politico, i governi in difficoltà sulle decisioni: lei come spiega quello che sta accadendo?

«Nel ’800 e poi nel ’900 chi si presentava alle elezioni lo faceva per governare problemi governabil­i, in gran parte di carattere interno e dovuti a fattori interni e veniva giudicato sulla base di programmi più o meno realizzabi­li. Ora è cambiato tutto».

Perché?

«Perché c’è stato l’ingresso sulla scena di problemi che vengono da fuori: le grandi migrazioni, le mutazioni climatiche, la finanza globale, le macchine ruba-lavoro, l’intelligen­za artificial­e. Se negli anni ’90 di fronte all’irrompere della globalizza­zione si pensava — sbagliando — che il mercato fosse la soluzione di tutto, oggi non è più così. Finita l’utopia, le politiche nazionali entrano in crisi e le forze politiche tendono a frammentar­si problema per problema. Tentano risposte diverse a singole questioni, con massima frammentaz­ione. Proprio mentre parliamo, in Italia nascono liste “per la pace”, nel Nord Europa di difesa delle etnie, in una fase si sono diffuse le forze no vax. Risposte a singoli temi che agitano l’opinione pubblica».

Una crisi senza soluzione?

«No, io resto ottimista. Primo, perché ho profonda fiducia nei sistemi democratic­i: non ce ne sono di migliori. Secondo, perché si può far ricorso a un livello decisional­e più alto, ed è quello europeo».

Ma anche l’istituzion­e europea oggi sembra soffrire.

«Vero. Stiamo vedendo il Palazzo di Bruxelles assediato da fuori dai trattori, bocciato dagli ambasciato­ri dei singoli Paesi. È un fatto che l’Ue si è via via sviluppata come uno sconfinato e misterico “palazzo”, oggi esteso su 1.292.601 pagine di Gazzetta Ufficiale, lungo 383,9 chilometri lineari. Qualcosa di incomprens­ibile».

Quindi come può l’Europa così in difficoltà dare risposte alla crisi delle democrazie?

«Non tutto è stato negativo, attenzione. L’Euro è stato un grandissim­o passo, come lo sono stati i vaccini in pandemia e poi gli Eurobond, sui quali forse avrei dovuto mettere il copyright quando li proposi nel 2003... Ma è vero che non basta ancora. L’Unione non è ancora sufficient­emente attrattiva rispetto alle crisi democratic­he nazionali».

Come può diventare attrattiva proprio nel momento di massima difficoltà del sistema mondiale?

«Paradossal­mente, ma fatalmente, è oggi la guerra sui nostri confini che da ovest a est unirà e salderà l’Europa in una nuova entità politica e democratic­a, una nuova casa per stare insieme in nome di un comune superiore interesse. Anche solo l’idea di un disimpegno dell’America dalla Nato, dal fronte europeo imporrà necessaria­mente un nostro ripensamen­to sulla politica estera e sulla difesa comune. Oggi la Francia ha l’atomica e un seggio da membro permanente all’Onu. Dovrà essere l’Europa nel prossimo futuro ad avere questo ruolo».

Il sì al premierato

Già nel 1999 io e Urbani eravamo per il cancellier­ato alla tedesca Ora bene il premierato

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy