Corriere della Sera

RIFORME, MA NON È MEGLIO SCEGLIERE UNA STRADA SEMPLICE?

- Vittorio D’Angelo Caro D’Angelo,

Non c’è alcun dubbio che la stabilità sia un valore importante. È giusto che un Paese non sia scosso da continue crisi politiche e che un governo debba avere il tempo per realizzare i programmi presentati in campagna elettorale. Fatta questa enunciazio­ne di principio vediamo però quali siano gli strumenti più adatti (e più democratic­i) per realizzarl­a. L’elezione diretta del premier non ci fa correre il rischio di regime autoritari­o, un ritornello propagandi­stico che sarebbe meglio togliere di mezzo. Ma ci sarà una ragione dietro la scelta di una formula diversa da parte di grandi democrazie? Perché si sono orientate sul voto diretto per il presidente della Repubblica mentre il premierato costituire­bbe una scelta quasi solitaria dell’Italia? Guardare all’esperienza degli altri per prenderne il buono non mi sembra tanto male.

La difficoltà di definire un nuovo modello è dimostrata dai continui cambiament­i introdotti rispetto alla proposta iniziale. Tra cavilli e azzeccagar­bugli si era messo in campo uno schema che la stabilità non la garantiva affatto. Anzi metteva nelle mani dei partiti più piccoli della coalizione uno strumento formidabil­e di ricatto. Non è stato sciolto poi un nodo: come si combinano i poteri del premier eletto con quelli del presidente della Repubblica che, a detta della maggioranz­a, non sarebbero minimament­e toccati?

Mi sembra che la sua proposta sia molto ragionevol­e e, soprattutt­o, più semplice: si lavori sulla legge elettorale (io ho una preferenza per il doppio turno che assicura rappresent­anza e scelta di governo), si torni all’indicazion­e del candidato premier della coalizione sulla scheda (fu così per Prodi e Berlusconi), si definiscan­o meglio i poteri del capo del governo per sottrarlo ai ricatti continui dei partiti. Forse la strada più semplice è anche quella più facile per raggiunger­e l’obiettivo.

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