LA CAPITALE D’ITALIA RIDOTTA A LUNA-PARK
Caro Aldo,
sono sconvolto dalla morte del piccolo Manuel e dal ferimento della mamma. Questi youtuber che oltre a guadagnare cifre improponibili con video raccapriccianti, trovavano ancora il tempo di sogghignare davanti alla Smart distrutta.
Massimo Balzola, Torino
Non ho parole per commentare una tragedia provocata dell’imbecillità. Come è stato possibile per un gruppo di ventenni noleggiare una vettura le cui caratteristiche (rapporto peso/ potenza) in base al codice della strada non consentirebbero la guida ad un neopatentato? Resta il dolore per una tragedia che poteva essere evitata.
Maurizio Currò
Cari lettori,
La terribile storia di Roma, dove la vita di un bambino di cinque anni è stata bruciata per uno sciocco gioco, è stata raccontata sul versante dei social; e non si ripeterà mai abbastanza quanto sia assurdo correre rischi e farne correre agli altri per qualche like in più. Ma è interessante anche raccontare la stessa vicenda da un altro punto di vista: Roma.
Ormai da tempo Roma non è più la capitale d’Italia, ma un gigantesco luna-park. Una Disneyland senza Topolino. Torme di turisti del tutto privi di rispetto e di consapevolezza l’hanno trasformata in un parco giochi, nel silenzio e a volte con la complicità degli amministratori. Mercoledì scorso via del Tritone è stata percorsa da auto delle forze dell’ordine a sirene spiegate per fare largo a un corteo: un capo di Stato straniero in visita? No, una lunga teoria di Ferrari che sfrecciavano tra pedoni, ciclisti e motociclisti costretti a schizzare via per non essere investiti. Il centro è percorso a ogni ora del giorno e della notte da strani trabiccoli — sidecar, macchinette da golf, carrettini e altri cui non saprei dare un nome —, mountainbike, presi in affitto da gente che non li sa usare. I monopattini, che Parigi ha giustamente messo fuorilegge, imboccano le viuzze regolarmente contromano. Le mo unta in-bike piombano giù dai vicoli in discesa. A fronte di queste bizzarrie, i romani e i forestieri che sono qui per lavorare non riescono a usufruire di un sistema di trasporti decenti. La metro, com’è noto, non funziona. I taxi mancano da sempre; ma in questi giorni non si riesce a chiamare o a prenotare un taxi a qualsiasi ora, pioggia o sole, mattina o pomeriggio.
Quei ragazzotti che giravano sul macchinone per la loro impresa social sono ovviamente un caso limite. Ma non sono un’eccezione. Sono uno dei tanti segni che la legalità e la normalità nella capitale d’Italia sono sospese.