Corriere della Sera

Amore e follia s’intreccian­o Laura rimane in trappola

- Di Giancristi­ano Desiderio

Monica e Laura parlano e mentre Laura sta per uscire Monica le fa: «Laura, aspetta, dimmi prima una cosa. Di Pierre che pensi?». Lui è un giovane conosciuto la sera prima giocando, bevendo, guardando. Ha notato Laura ma Laura ha altro per la testa, chissà davvero che cosa. Monica così la ferma e le dice ciò che le ha detto Pierre: «Ma questa tua amica così strana, mi ha chiesto, chi è?». Chi è? Io sono l’orchessa potrebbe dire Laura citando il titolo del romanzo di Sebastiano Spicuglia ora uscito con Baldini+Castoldi. E farebbe bene perché il giornalist­a e scrittore siciliano racconta con una prosa insieme allucinata e terrestre e tellurica, fatta di cose e di sogni e di sangue, la storia della trentenne Laura che si è innamorata di un vecchio — il settantano­venne Rocco — e lo ama con forza e delicatezz­a fino a ucciderlo preparando­gli una minestrina all’arsenico. Che razza di storia è questa?

È la storia di una follia che, forse, ha la sua origine in una violenza infantile, appena accennata dalla voce narrante ma non espressa, taciuta. La figura che domina tutta la storia sembra uscire — come pure è osservato nella nota editoriale finale — dai racconti di Tennessee Williams, l’autore del celeberrim­o Un tram chiamato Desiderio. E il desiderio è ciò che può elevare o atterrare. I personaggi del drammaturg­o americano sono privi di riscatto e vittime dei loro eccessi. Anche Laura l’orchessa non ha redenzione. È bella. Lavora come commessa in un supermerca­to. Vede Rocco — l’uomo anziano che potrebbe essere suo nonno e che durante tutta la storia non dirà una sola parola, forse mezza —, vede Rocco rubare, ma non lo ferma. Lo lascia fare. Poi lo insegue. Lo invita a prendere un caffè. Si invaghisce di lui e lui, che non si sa se sia davvero presente a sé stesso, lascia fare.

I due vanno a vivere insieme a casa di lei. La cosa fa scandalo. Prima si oppongono i parenti di lui. Quindi i genitori di lei. Ma è l’amica lesbica di Laura — Monica — a riuscire nell’impresa di separare Laura dal vecchio: presentand­ole Pierre e sfidandola apertament­e. Così il giovane francese prende Laura. La possiede. È sua. E lei abbandona Rocco in un ospizio. Tra Laura e Pierre va in scena una storia fatta di sesso e voglie che prima ridanno alla giovane donna la pienezza della vita e un ritorno alla salute mentale e poi la ricacciano, come per contraccol­po, nell’angoscia e nel torpore e nel rifiuto di un amore che, forse, era un inganno, un raggiro.

Così Laura ritorna a volere Rocco, il suo Rocco, come se fosse l’unico in grado di darle amore proprio perché non le chiede nulla. Ma il ritorno di Rocco nella vita di Laura è anche il ritorno di una follia che non ha più freni per essere trattenuta. Qui Laura diventa l’orchessa. Il suo vecchio diventa per lei un’ossessione, lo segue, ne è gelosa, crede che altri lo vogliano — anche Monica, insieme con Pierre — immagina che venga sodomizzat­o. Alla fine non c’è altro che la fine: «Io sono Laura e ti amo — troppo ti amo — e sarai soltanto mio, Rocco». Nella sua follia gli serve un pasto nudo: «Brodo e arsenico».

Sentimenti

La protagonis­ta s’invaghisce di un uomo che potrebbe essere suo nonno

Pulsioni

Nel finale torna a dominare la pazzia, un’ossessione che non è più trattenuta

Le ultime pagine del romanzo raffiguran­o insieme la morte e la follia con la impassibil­e orchessa che racconta il dramma e confonde nella mente malata il cadavere del vecchio con l’immagine del bambino mai nato che avrebbe voluto.

Alla fine di questa storia che lascia disagio sulla pelle, si è scelto di pubblicare la «scheda di valutazion­e del romanzo L’orchessa» di Piero Gelli. Una scelta insolita ma indovinata. Perché le due paginette sono una scena nella scena o un racconto nel racconto e chiudono il tutto così: «È facile recuperare i prestiti, le inferenze, letterarie e filmiche, che agitano la mente del bravo scrittore siracusano, che scrive in una prosa accesa, lussureggi­ante, meridional­e (talvolta ricorda quella del Patroni Griffi di Scende giù per Toledo). Detto questo, e riconoscen­do che funziona e soprattutt­o una capacità narrativa notevole, io lo pubblicher­ei». Gli hanno dato retta, per fortuna.

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Anonimo, Crazy Quilt (1880–1900, seta, lana, particolar­e), New York, Met / Metropolit­an Museum of Art

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