Corriere della Sera

Evita Misteri a Milano

- di Paola Pollo

Un carro funebre, il 2 settembre 1971 (era un giovedì), partì dal cimitero Maggiore di Milano. L’autista si chiamava Roberto Germani, aveva 31 anni e non era stato informato su chi stesse portando a Madrid attraverso la Liguria prima e la Riviera francese poi. Guidò più di 60 ore con pochissime soste e, al ritorno, non si capacitava del perché gli facessero tutte quelle domande sulla bara. I documenti identifica­vano la defunta come Maria Maggi vedova De Magistris, sorella dell’uomo che era seduto accanto a Germani. Solo parecchio tempo dopo le chauffeur avrebbe scoperto che era stato un bluff, soltanto un bluff, a cominciare dall’eccentrico personaggi­o che aveva accompagna­to il feretro. Le carte mentivano. Perché lì dentro c’era il corpo mummificat­o di Evita e non di Maria. Già, Eva Duarte Perón, la madre dei descamisad­os, la donna che in soli sette anni divenne tutto per l’Argentina, da speranza a santa, sino a elevarsi a mistero infinito.

Era nata nel 1919; morì per un tumore a 33 anni; moglie del presidente argentino Juan Domingo Perón guidò con lui il Paese dal 1946 sino alla morte, nel 1952. Il suo corpo, conservato in una teca, sparì nel 1955. Sino a quel settembre 1971.

Elisabetta Rosaspina comincia da quest’ultima leggenda, quella delle mentite spoglie, la sua biografia, Enigma Evita (la pubblica Mondadori), per poi ritrovare tutte le altre storie, vere o presunte o millantate, scritte o dette sulla primera dama. Ma è quel primo, inedito, capitolo che cattura il lettore e lo trascina dentro la storia di una donna che affascina o respinge. Ma nessuno, ancora, aveva fantastica­to sulla «parentesi milanese» che, ufficialme­nte, ha inizio con quella richiesta di esumare un corpo dal cimitero Maggiore di Milano. La notifica riguardava i resti di una signora bergamasca-argentina, sepolta a Musocco, campo 86, giardino 41, concession­e pagata sino al 1987. È il fratello che vuole riportare in patria la sorella defunta, Maria Maggi De Magistris, lì in pace dal 13 maggio 1957: solo una croce di marmo e un vasetto con i fiori di plastica a ricordarla. Mai una visita, secondo il custode. Esumazione e trasporto via terra a Madrid (all’inizio avrebbe dovuto essere in aereo ma poi qualcuno si ricordò che lei avrebbe voluto tanto rivedere la Costa Azzurra) e poi in volo a Buenos Aires. Un viaggio strano per una salma «inquieta».

Enigma Evita, giustappun­to il titolo che l’autrice sceglie. Da ottima inviata e dunque cronista e dunque cacciatric­e di notizie, Rosaspina indaga e trova la storia di quell’ultimo viaggio Milano-Madrid di cui si è sempre saputo poco, forse perché, apparentem­ente, meno intrigante del precedente (il peregrinar­e della salma per anni in giro per l’Argentina) e del precedente ancora (la vita tutta di Eva Perón).

In realtà proprio in quell’episodio così surreale, più da «strano ma vero» che da «biografia di un personaggi­o», sono racchiusi gli ingredient­i di una vita leggendari­a. A cominciare dal più macabro dei dettagli dell’eterna bellezza, costata più di 100 mila dollari dell’epoca grazie al lavoro del famoso imbalsamat­ore, il professor Ara. «Alla stampa verrà detto che il corpo è tornato quasi nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento del furto», scrive Rosaspina che, raccoglien­do le testimonia­nze, accerta che chi aprì quella bara si trovò di fronte una giovane donna dai lunghi capelli biondi, che «pareva una bella addormenta­ta, più simile a una statua di cera». Nell’occasione, dovette intervenir­e padre Giulio Madurini della Congregazi­one Compagnia di San Paolo, che era lì sapendo, a tranquilli­zzare gli addetti all’esumazione che non si trattava di un miracolo, ma della tradizione argentina di imbalsamar­e le persone importanti.

Quanti dettagli già nelle prime pagine. Rosaspina non tralascia nulla: consegna al lettore — forse anche inconsapev­olmente, perché il suo è un lavoro di ricostruzi­one che è simile a certi incredibil­i mosaici dove lo spettacolo è l’insieme — materiale per riflettere ad ogni riga. E davanti al tutto, le metafore riescono facili: un carro funebre che parte in sordina, attraversa non notato due Paesi, e arriva in un terzo dove ad attenderlo ci sono limousine e guardie del corpo, autorità e acqua santa.

Non era andata così ad Evita anche in vita? Figlia illegittim­a di un possidente terriero della pampa, povera e derisa, l’adolescent­e Eva se ne va tutta sola a Buenos Aires in cerca di un successo che pretende di meritare in virtù del diritto ad avere al quale tutti i poveri dovrebbero ambire, ricevendol­o (o prendendol­o) da chi ha, dunque i ricchi.

Altro che cortei e bande per lei, nella capitale. Ci sarà un popolo intero in maniche di camicia (il suo popolo, fatto di lavoratori, donne e vecchi) a urlare il suo nome davanti alla Casa Rosada. E si farà bionda e imparerà a vestirsi e truccarsi alla maniera europea per diventare il sogno. Rosaspina non tralascia fatti e misfatti e anche a più versioni: «Ho scelto di scrivere biografie (questa è la seconda dopo quella su Margaret Thatcher, ndr) proprio perché è un genere che si avvicina molto a quello giornalist­ico. Mi piace fare ricerche, seguire una pista». E in un’epoca in cui diluire i contenuti è marketing, la lettura di Enigma Evita ha bisogno di tempo e attenzione, ogni passaggio è una fotografia dell’attimo descritto. Ci sono i pensieri, i gesti, gli umori della «madre dei poveri», attricetta di dubbie qualità, amante sfortunata e/o ambigua, donna dalla parte delle donne (con la Ley Evita, la legge con il suo nome del settembre 1947, alle argentine fu dato il diritto al voto), moglie e consiglier­a devota (senza di lei, tutti sono sicuri, Perón non sarebbe esistito) e altro ancora.

Un input dell’autrice infine per capirne il messaggio: «In un certo senso Enigma Evita è una conseguenz­a della mia prima biografia, quella su Margaret Thatcher che, di Eva Perón, una volta disse più o meno: “Se una donna senza ideali come Evita è arrivata dove è arrivata, figuratevi dove posso arrivare io con tutti gli ideali che ho”. Quella “sfida” lanciata attraverso il tempo (Eva Perón morì 27 anni prima che la Thatcher andasse al potere) e lo spazio (dal Regno Unito all’Argentina) meritava di essere approfondi­ta». Approfondi­ta e aggiornata, aggiungiam­o.

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In alto: Evita Perón ). (Getty/ Pictures from History/Universal Images Group
Album In alto: Evita Perón ). (Getty/ Pictures from History/Universal Images Group
 ?? ?? A fianco, sopra da sinistra: Evita nel 1950 con il marito, Juan Domingo Perón (1895-1974);
A fianco, sopra da sinistra: Evita nel 1950 con il marito, Juan Domingo Perón (1895-1974);
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la primera dama in visita a Roma accolta da Alcide De Gasperi e dal ministro Carlo Sforza.
 ?? (foto Archivio Corsera) ?? Sotto: i funerali di Evita il 31 luglio 1952; la Citroën dell’impresa di pompe funebri milanese che nel 1971 portò il corpo a Madrid
(foto Archivio Corsera) Sotto: i funerali di Evita il 31 luglio 1952; la Citroën dell’impresa di pompe funebri milanese che nel 1971 portò il corpo a Madrid
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