Corriere della Sera

La ricerca I GIOVANI DI OGGI ASPIRANO A UNA VITA PIÙ SOSTENIBIL­E

Un’indagine sui fattori che alimentano la felicità negli under 30 italiani: le nuove generazion­i sono alla ricerca di un equilibrio migliore tra le diverse dimensioni esistenzia­li

- di Mauro Magatti e Sara Sampietro

Che giovani sono quelli che si stanno affacciand­o alla vita adulta negli anni della pandemia, della guerra, del cambiament­o climatico? Quei giovani che negli anni del Covid hanno sorpreso un po’ tutti, dando vita al fenomeno della great resignatio­n (l’aumento delle dimissioni volontarie anche da posizioni lavorative interessan­ti)? Che sono capaci di stare anni senza né lavorare né studiare (3 milioni in Italia, record assoluto) e che hanno ormai spostato ben oltre i 30 anni la decisione di diventare genitori?

Un’indagine focalizzat­a sui fattori che alimentano un sentimento di felicità da parte degli under 30 italiani (realizzata in occasione dell’ExpoSummit­2030 di Vicenza) permette di cogliere alcune interessan­ti linee guida per leggere attitudini e aspirazion­i delle nuove generazion­i.

Il primo elemento ruota attorno all’idea di «stare bene con sé stessi», cioè accettarsi per quello che si è, con le proprie specificit­à e i propri limiti, ma anche saper godere di giornate «equilibrat­e» tra impegno e relax, tra vita lavorativa e vita privata. Si cerca di evitare l’eccesso di stress e di approcciar­si all’esercizio fisico e all’alimentazi­one con consapevol­ezza. Uno stile di vita sostenibil­e è dunque al centro delle sensibilit­à dei giovani di oggi, anche se per molti si tratta di un’aspirazion­e che fatica a tradursi in realtà. La grande maggioranz­a degli intervista­ti dichiara infatti di tendere a questo modello di vita, senza però riuscire pienamente a farlo proprio, per mancanza di risorse e strumenti, e più in generale per l’indisponib­ilità del mondo adulto a riconoscer­e queste nuove domande. Lo slancio verso il cambiament­o rischia così di trasformar­si in frustrazio­ne, con la tentazione di ritagliars­i un piccolo spazio di sopravvive­nza, se non addirittur­a di ritirarsi dal mondo.

A questa prima linea di tensione si associa una concezione quasi mai lineare o evolutiva del tempo, vissuto piuttosto come un collage di situazioni ed esperienze. Il racconto della felicità è sempre ancorato a momenti che divengono straordina­ri, perché associati a un perfetto equilibrio psico-fisico. In questa prospettiv­a, la felicità non è legata al raggiungim­ento di un obiettivo, a un percorso, a uno sforzo, a un ideale. Piuttosto l’attenzione è sulle piccole cose, capaci di garantire un benessere immediato e di tradursi in momenti di «ordinaria felicità»: una cena in famiglia, una gita con gli amici o un pomeriggio di tranquilli­tà. L’aspirazion­e di molti è quella di modellare la quotidiani­tà in modo da ridurre lo stress e fronteggia­re in maniera efficace le criticità legate al perdurare dello stato di crisi economica, sociale e sanitaria in cui molti si trovano immersi.

Il mantenimen­to e la valorizzaz­ione dei rapporti familiari rimangono centrali, pur se ridefiniti. La famiglia, cioè, continua a rappresent­are la rete capace di «tenere insieme» il presente e il futuro. Ma il termine famiglia perde la sua tradiziona­le connotazio­ne istituzion­ale per identifica­rsi con l’insieme delle relazioni e degli spazi di vicinanza capaci di comunicare protezione e stabilità. Lungo tre direttrici diverse: la famiglia di origine, che continua a rappresent­are il «nido», il luogo in cui poter sempre «tornare in caso di necessità»; quella elettiva l’aspirazion­e alla vita di coppia e alle genitorial­ità rimane elevata: 3 giovani su 4 desiderano avere un figlio nei prossimi 10 anni e sono decisament­e proiettati all’interno di una vita di coppia stabile; la famiglia allargata, fatta dagli amici di sempre e dagli affetti della quotidiani­tà, su cui si sa di poter contare.

L’ultima dimensione è quella del lavoro che solo per una minoranza (1 intervista­to su 5) è determinan­te per l’identità e la soddisfazi­one personali. Per la gran parte dei giovani, il lavoro non ha più la centralità che aveva in passato. Ugualmente rilevante è il fatto che, nella scelta di un lavoro, la retribuzio­ne sia solo uno degli elementi presi in consideraz­ione: ciò che si ricerca è un ambiente motivante e in grado di garantire un buon equilibrio tra vita lavorativa ed extralavor­ativa, lasciando spazio anche alle proprie passioni personali, a cui anche in età adulta si è difficilme­nte disposti a rinunciare. A fare la differenza è anche la possibilit­à di inserirsi in un team che riconosca e apprezzi le capacità personali e che possa perciò lasciare sperare in un percorso di crescita profession­ale e umano.

In conclusion­e, le nuove generazion­i sono alla ricerca di un equilibrio migliore tra le diverse dimensioni esistenzia­li, attratte da uno stile di vita capace di garantire stabilità organizzat­iva ed emotiva. Con il desiderio di «staccarsi» da lavori troppo invasivi, da realtà relazional­i considerat­e «tossiche», da contesti abitativi che impongono stili di vita eccessivam­ente faticosi o troppo schiacciat­i sulla dimensione strumental­e. In una parola, i giovani di oggi aspirano a una vita più sostenibil­e, nel quadro di un cambiament­o più generale dei valori di riferiment­o. Un’aspirazion­e a cui il mondo adulto non sempre sa dare il giusto peso, ma per la quale molti ragazzi non sembrano neppure disposti a combattere. Col rischio di una banalizzaz­ione delle istanze di cambiament­o di cui sono portatori, che finiscono per ridursi alla difesa di quella comfort zone garantita da condizioni di contesto (la famiglia in primis, oltre che le diverse forme di protezione statale). Così, la nuova saggezza, che affascina tanti ragazzi, spesso si risolve in un pallido adattament­o che, volendo evitare lo stress, il conflitto e l’impegno, tiene molti bloccati in un rassegnato ripiegamen­to.

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