Corriere della Sera

Il racconto choc dei soccorrito­ri «Corpi straziati per 1.000 metri»

Salme a Canazei, psicologi per i parenti L’escursioni­sta: «Io vivo per miracolo»

- Alfio Sciacca (ha collaborat­o Luca Marsilli)

Isoccorrit­ori fanno fatica a descrive le fasi di recupero dei sei morti accertati della tragedia. «Per oltre mille metri abbiamo trovato resti straziati in mezzo a una marea informe di ghiaccio e detriti», racconta Gino Comelli del Soccorso Alpino. «Che strazio quei cadaveri tra i blocchi di ghiaccio e roccia — aggiunge Luigi Felicetti, sempre del Soccorso Alpino —, in tanti anni mai vista una cosa del genere».

Le salme sono state ricomposte nel Palazzo del Ghiaccio di Canazei. Qui in serata sono arrivati i primi familiari che dovranno identifica­re i loro cari. Ad assisterli c’è un nutrito gruppo di psicologi. Sotto un leggera pioggia, è un mesto pellegrina­ggio, che proseguirà anche oggi. Non è facile l’identifica­zione dei cadaveri e in questa fase si sta procedendo mettendo assieme le tante segnalazio­ni, arrivate anche dall’estero. Si cerca anche di identifica­re i proprietar­i delle 16 auto lasciate nel parcheggio attorno al lago Fedaia, punto di partenza per le escursioni in quota.

A poca distanza dal Palazzo del Ghiaccio c’è invece il Centro di coordiname­nto dei soccorsi per tentare di recuperare un numero imprecisat­o di dispersi, forse 15. «Comunque è molto difficile che ci siano dei sopravviss­uti — dice sconsolato Comelli —, dal sopralluog­o fatto in elicottero abbiamo visto che è venuta giù una massa larga 200 metri ed alta 80. Un mare di ghiaccio e detriti che da quota 3.200 è arrivato a circa 1.800 metri. Sono rimaste ferite le persone che erano ai margini di questa marea e sono state investite dai detriti o dallo spostament­o d’aria». «Una tragedia che non era prevedibil­e, malgrado il grande caldo» aggiunge il capo del Soccorso Alpino Nazionale Maurizio Dellantoni­o. Al momento ogni operazione in quota è sospesa e l’accesso alla Marmolada interdetto. «Il ghiacciaio è ancora estremamen­te instabile e c’è un altissimo rischio di nuovi crolli», dicono i soccorrito­ri.

Tra tanto dolore ci sono anche i racconti di chi è scampato alla morte per un soffio. Come Stefano Dal Moro, inge

Il sopravviss­uto

Io e la mia compagna eravamo poco più in alto. In questi casi è inutile scappare: ci siamo abbracciat­i e siamo rimasti accucciati mentre la massa di ghiaccio ci passava davanti

gnere di Borso del Grappa, e la sua compagna israeliana. «Siamo dei miracolati. Eravamo poco più in alto rispetto al punto in cui ci sono state le vittime. C’è stato un rumore sordo, poi è venuto giù quel mare di ghiaccio. In questi casi è inutile scappare, puoi solo pregare che non venga dalla tua parte. Ci siamo abbracciat­i forte e siamo rimasti accucciati mentre la massa di ghiaccio ci passava davanti». Rispetto alle due cordate travolte dal ghiaccio, loro erano più in alto di nemmeno cento metri. Della «cascata di ghiaccio e detriti» hanno sentito solo il soffio gelido. «Prima li vedevamo dall’alto, ma poi ci siamo girati per proteggerc­i». Dopo la tragedia sono tornati indietro e risaliti fino alla capanna di Punta Penia, da dove sono stati portati a valle in elicottero.

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