Per Mosca una vittoria parziale, ma «politica»
Dopo settimane di scontri durissimi, Kiev si è rassegnata a dare l’ordine di ritiro per le truppe da Severodonetsk, località ormai devastata e poco difendibile. È un momento che offre alcuni «messaggi».
Innanzitutto, la resa ucraina conferma che la potenza di fuoco pesa, in particolare quella di Mosca: ha martellato su un arco ristretto incessantemente, finendo per avere dei risultati. La quantità ha fatto la differenza, troppo ampia la sproporzione: l’artiglieria e l’aviazione hanno devastato le postazioni della resistenza.
Gli ucraini si sono trincerati per logorare l’invasore, speravano che l’attrito avrebbe avuto un impatto più profondo come avvenuto nell’area di Kiev fra febbraio e marzo: gli aggressori hanno avuto perdite pesanti, come i difensori, ma questo non li ha fermati. Il fronte ridotto li ha aiutati.
Per Vladimir Putin è un successo parziale e «politico». I suoi generali possono affermare di aver riportato una seconda vittoria dopo la presa costosa di Mariupol e ora proveranno ad allargare il controllo sul Donbass. La missione non è finita, i sabotaggi nelle località occupate dimostrano che i partigiani sono insidiosi: a Kherson è stato liquidato un altro gerarca filorusso, dilaniato da una bomba piazzata sulla sua auto.
Molti analisti si sono finora mostrati troppo ottimisti sulle possibilità ucraine di sostenere la spallata. Erano convinti che i battaglioni del neo-zar si sarebbero dovuti fermare in quanto privati degli uomini migliori, riorganizzati in gran fretta, spesso con grossi vuoti nelle colonne. Non è stato così. Ora ci si chiede se vi siano stati errori da parte ucraina, visto che l’azione a Est era prevista, descritta, studiata in wargame.
L’esito della battaglia di Severodonetsk ha evidenziato come l’esercito di Zelensky abbia bisogno di un supporto massiccio da parte della Nato. Parte dell’arsenale promesso è già operativo, ora aspettano il resto. Kiev deve dimostrare che missili e cannoni degli alleati non servono solo a contenere, ma anche a sferrare offensive ampie.
L’Ucraina ha ora un altro problema: convincere gli scettici — in particolare in Europa — che ritengono la resistenza in grado al massimo di limitare i danni. E, alla fine, che l’aiuto bellico abbia un impatto limitato. Ragionamenti pubblici, ben noti al Cremlino, che non a caso batte molto su questo tasto.