Corriere della Sera

Per Mosca una vittoria parziale, ma «politica»

- di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Dopo settimane di scontri durissimi, Kiev si è rassegnata a dare l’ordine di ritiro per le truppe da Severodone­tsk, località ormai devastata e poco difendibil­e. È un momento che offre alcuni «messaggi».

Innanzitut­to, la resa ucraina conferma che la potenza di fuoco pesa, in particolar­e quella di Mosca: ha martellato su un arco ristretto incessante­mente, finendo per avere dei risultati. La quantità ha fatto la differenza, troppo ampia la sproporzio­ne: l’artiglieri­a e l’aviazione hanno devastato le postazioni della resistenza.

Gli ucraini si sono trincerati per logorare l’invasore, speravano che l’attrito avrebbe avuto un impatto più profondo come avvenuto nell’area di Kiev fra febbraio e marzo: gli aggressori hanno avuto perdite pesanti, come i difensori, ma questo non li ha fermati. Il fronte ridotto li ha aiutati.

Per Vladimir Putin è un successo parziale e «politico». I suoi generali possono affermare di aver riportato una seconda vittoria dopo la presa costosa di Mariupol e ora proveranno ad allargare il controllo sul Donbass. La missione non è finita, i sabotaggi nelle località occupate dimostrano che i partigiani sono insidiosi: a Kherson è stato liquidato un altro gerarca filorusso, dilaniato da una bomba piazzata sulla sua auto.

Molti analisti si sono finora mostrati troppo ottimisti sulle possibilit­à ucraine di sostenere la spallata. Erano convinti che i battaglion­i del neo-zar si sarebbero dovuti fermare in quanto privati degli uomini migliori, riorganizz­ati in gran fretta, spesso con grossi vuoti nelle colonne. Non è stato così. Ora ci si chiede se vi siano stati errori da parte ucraina, visto che l’azione a Est era prevista, descritta, studiata in wargame.

L’esito della battaglia di Severodone­tsk ha evidenziat­o come l’esercito di Zelensky abbia bisogno di un supporto massiccio da parte della Nato. Parte dell’arsenale promesso è già operativo, ora aspettano il resto. Kiev deve dimostrare che missili e cannoni degli alleati non servono solo a contenere, ma anche a sferrare offensive ampie.

L’Ucraina ha ora un altro problema: convincere gli scettici — in particolar­e in Europa — che ritengono la resistenza in grado al massimo di limitare i danni. E, alla fine, che l’aiuto bellico abbia un impatto limitato. Ragionamen­ti pubblici, ben noti al Cremlino, che non a caso batte molto su questo tasto.

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