Corriere della Sera

Ma attaccare la cultura del nemico è un errore

- Dall’inviato a Kramatorsk Lorenzo Cremonesi

Sarebbe un grave errore trasformar­e la campagna militare di difesa dell’Ucraina contro l’invasione voluta da Vladimir Putin in una guerra allargata alla cultura, alla musica, alla società e alla tradizione russe. Lo sarebbe per tanti motivi, tra cui quello particolar­mente controprod­ucente per cui si rischia di portare acqua al mulino delle argomentaz­ioni propagandi­stiche del dittatore russo.

Uno dei punti centrali della sua narrativa è sempre stato che la Russia deve lottare non soltanto contro i «nazisti», ma soprattutt­o contro i suoi nemici in Occidente, prevenire chi la vuole isolare, fare muro all’«accerchiam­ento» della Nato, contrastar­e i detrattori della sua storia, della sua cultura e della sua tradizione. In questo modo, Putin pretende di incarnare le aspirazion­i del suo popolo, difendere il «Russkiy Mir», l’universo russo, diventa una sorta di padre della patria legittimat­o dalla nazione intera e da chiunque si riconosca in quella tradizione.

Ecco il motivo per cui la scelta del Parlamento ucraino, di due giorni fa, di mettere all’indice una parte della musica russa creata dopo il 1991, oltre a libri e pubblicazi­oni prodotte in Russia e Bielorussi­a, non è solo sbagliata, ma anche dannosa.

Per molti aspetti non serve che a rafforzare le posizioni del regime di Mosca e oltretutto nega la realtà fattuale della presenza di larghi strati russofoni tra la stessa popolazion­e ucraina. Putin va isolato all’interno del suo Paese, mentre occorre evitare che il conflitto rafforzi la popolarità del suo regime. Interesse di Kiev è mostrare che la follia di questa guerra nasce dal suo ideatore.

La guerra al mondo russo invece non ha alcun senso ed è destinata a trovare opposizion­i sempre più forti in larga parte delle opinioni pubbliche occidental­i.

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