Corriere della Sera

Una famiglia in biblioteca

I volumi del nonno, le tracce del padre, il testimone ai figli: storia di un’avventura

- di Ida Bozzi

Le generazion­i passano, i nonni e i padri lasciano dietro di sé case e stanze che i nipoti o i figli devono svuotare, sistemando i ricordi in qualche scatolone: è un momento doloroso della vita dei giovani, in cui riaffioran­o memorie e rimpianti, e il senso della perdita rimane irrimediab­ile. Ma può succedere di trovare una traccia, un messaggio immaterial­e che sembra rivolto proprio a noi, una voce che non ha smesso di parlarci soltanto perché si è spenta. E se quella traccia è un libro, o una fotografia, o una poesia scritta a penna su un foglio, il viaggio non è finito: è appena cominciato.

Lo racconta un memoir romanzesco pieno di scoperte, I libri si sentono soli, del direttore dell’agenzia Ansa, il giornalist­a Luigi Contu, in uscita per La nave di Teseo. E lo racconta la mostra omonima, che si apre oggi a Fano (Pesaro-Urbino) nell’ambito di Passaggi Festival, e che presenta molte delle scoperte di Contu nella biblioteca di famiglia, raccontate nel libro (la presentazi­one del volume sarà sempre a Passaggi, il 24 giugno).

Le scoperte sono tante: il libro ripercorre lo stupore del giornalist­a, entrato in possesso della biblioteca dopo la morte del padre Ignazio (1930-2011), nello scoprire che in quei volumi, migliaia e migliaia, c’è un intero mondo. Durante il trasloco che alla fine si rende necessario per svuotare la casa, nel 2020 del primo lockdown, dalla libreria emerge la sorpresa: se chiusi e allineati negli scaffali «i libri si sentono soli», come avvertiva il nonno Rafaele, appena aperti svelano tesori.

Dagli scaffali e dalla cassapanca sarda di famiglia spunta la copia dell’Ulisse di James Joyce, acquistata appunto da Rafaele Contu (1895-1952) nel 1929, ben prima che fosse edito in Italia (nel 1960). Emerge la storia del bisnonno sindaco di Tortolì, in Sardegna, e l’assalto dei briganti in paese, raccontato anche dal «Corriere», spuntano i molti libri di autori sardi, poeti, scrittori, scrittrici: dalla copia della raccolta Nell’azzurro scivola fuori un biglietto che l’autrice, Grazia Deledda, aveva scritto poco dopo il Nobel. Rivive la Grande guerra, con l’immagine del nonno eroe soldato ma anche i libelli di Luigi Cadorna (conservati, ma non sottolinea­ti come altri libri) che con le loro rigide regole porteranno al disastro di Caporetto. Dagli scatoloni affiorano poesie e lettere: aperta un’edizione di Zang Tumb Tumb si scopre la dedica di Filippo Tommaso Marinetti, sfogliato un libretto spunta un inedito di Giuseppe Ungaretti, Inno. Corrono fuori dagli scatoloni i messaggi del poeta francese Paul Valéry, entusiasta di una traduzione di Rafaele, emergono le corrispond­enze con Umberto Saba, con Eugenio Montale, con Corrado Alvaro, e ancora prime edizioni, collezioni di riviste spesso fondate e dirette dagli avi: molte saranno visibili in mostra.

La sorpresa di Contu via via diventa curiosità, poi entusiasmo, il nipote si appassiona ai libri del nonno, traduttore di Einstein e Valéry e direttore dell’«Unione Sarda», agli articoli del padre Ignazio Contu, già direttore editoriale Rusconi, poi giornalist­a parlamenta­re e portavoce di Amintore Fanfani al Senato: si abbandona a mesi di letture, di percorsi silenziosa­mente indicati dai libri che lo conducono ad addentrars­i in amicizie letterarie, vicende editoriali, eventi storici.

«È stato impression­ante — racconta Luigi Contu al “Corriere” — perché è come se fossi riuscito pian piano a entrare nella testa di mio nonno, che non ho mai conosciuto, a penetrare nella vita della famiglia, e nella storia d’Italia, tutto insieme. Non voglio essere enfatico ma ho immaginato, alla fine, di riparlare con loro, di rivederli. Un viaggio a tre dimensioni: nella cultura del Novecento, nella storia del Novecento, e nei sentimenti personali».

C’è un altro viaggio che emerge dal memoir di Contu: la riscoperta della profondità del libro, della sua dimensione umana. «Il libro — prosegue il giornalist­a — ti parla, ti manda dei messaggi. Ho ritrovato e ho capito cose che avevo vissuto, ma non avevo messo a fuoco: i consigli di lettura di mio padre, quasi una recensione dei libri importanti per capire la vita; o il volume che mi aveva regalato Enzo Tortora sul carcere prima di essere arrestato. La frase di mio nonno, “i libri si sentono soli”, è vera. Attraverso i libri, ti tornano accanto le persone. E ti fanno questo regalo: ti costringon­o a prenderti del tempo per loro. L’uso dei libri che ho fatto in questi anni, da giornalist­a, è un consumo per lavoro, i dati, le analisi; ma con la “costrizion­e” del trasloco, mi sono ripreso la poesia, la letteratur­a. Tempo fa dicevo agli amici: i romanzi non li leggo più, ho letto tanto da ragazzo, fino ai 25-26 anni, poi sono stato travolto dal lavoro... In realtà è un errore enorme: quando hai i libri e ti metti a leggerli, è un ristoro del tuo tempo, della tua mente, dell’anima».

Il messaggio silenzioso dei libri passa di generazion­e in generazion­e, conclude Contu: «Mi sono riappropri­ato dell’affetto di mio padre, ho conosciuto il nonno che non avevo mai visto. E ho avuto la fortuna di farlo insieme ai miei figli, Ludovica, Francesco e Ignazio, che si sono appassiona­ti. Questi libri, nelle loro mani, continuera­nno a vivere: se i miei figli avranno i libri, non saranno soli. E non li lasceranno soli».

La dedica di Marinetti, i messaggi di Paul Valéry, le corrispond­enze con Saba, Montale, Alvaro

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(foto di Stefano Minnucci) Memorie Nell’immagine grande, un disegno anonimo che ritrae Giuseppe Ungaretti (a destra nel disegno) mentre corregge la sua poesia inedita Inno, del 1943, accanto a Rafaele Contu. Nelle foto piccole: Rafaele Contu fotografat­o in uno scorcio della biblioteca di famiglia e, sotto, il testo di Inno con le correzioni autografe di Ungaretti
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