I cambiamenti del lavoro e del sindacato
Egregio direttore, l’editoriale di Carlo Verdelli (Corriere, 21 novembre) solleva autorevolmente una «questione lavoro», centrale per fare dell’Italia un Paese più coeso ed equo. I 18 mesi che abbiamo alle spalle non solo hanno provocato una crisi occupazionale da cui non siamo ancora usciti, ma soprattutto stanno generando trasformazioni nella struttura e qualità del lavoro che di solito avvengono in un decennio. Le parti sociali e il sindacato non possono stare alla finestra o limitarsi alla denuncia. Si è rotto lo storico legame tra lavoro e sicurezza sociale. Servono riforme vere per ricomporlo. Il part time involontario va combattuto con maggiori controlli se nasconde lavoro nero e con sostegni. Si vietino contratti sotto le 16 ore settimanali, si integri il reddito povero con una «Naspi integrativa». Per il lavoro a termine servono regole per la stabilizzazione, ma non tutti i lavoratori ne godranno. Occorre dare ad ogni lavoratore a termine l’innalzamento delle competenze (oggi questi lavoratori sono solo usati e non formati) e servizi di ricollocazione efficaci. Relativamente ai giovani, l’apprendistato duale, grande sconosciuto in Italia, andrebbe reso obbligatorio, per ogni scuola professionale, istituto tecnico o università. L’apprendistato professionalizzante andrebbe certificato con prove finali, legando buona parte della decontribuzione a vantaggio delle imprese al raggiungimento di competenze specifiche. Non basta più avere tutele sufficienti quando si lavora. Servono nuove protezioni nelle molteplici transizioni lavorative nelle quali oggi si è soli. Il lavoro povero può essere estirpato. Per questo obiettivo il sindacato deve cambiare e innovare fortemente rivendicazioni e azione.
Roberto Benaglia, Segretario Generale Fim Cisl