Presentato a Torino il film «Trafficante di virus» tratto dal libro di Capua
«In nome del popolo italiano…». E poi è stata lei, Ilaria Capua, a finire sotto il microscopio, accusata di essere una donna senza scrupoli, «di aver fornito sottobanco ceppi virali alle aziende farmaceutiche per arricchirsi, un traffico che avrebbe diffuso virus pericolosissimi».
Avida, approfittatrice, ignobile. Un mostro perfetto. «Una mente criminale».
Lo dice lei stessa, Ilaria Capua, nel libro da cui Costanza Quatriglio ha tratto il film Trafficante di virus che ha portato al Torino Film Festival, e nelle sale dal 29. La regista ha tolto dal titolo del libro «Io»; nel film è come se «Io» diventasse «Noi». «Questa è una storia incredibile di giustizia e di lotta che riguarda tutte le donne. Ma c’è anche la felicità di lavorare in un laboratorio».
Anna Foglietta, la protagonista, ha conosciuto la virologa solo a riprese iniziate, «per non essere condizionata. Io non ero una di quelle persone attaccate alla tv aspettando i virologi. Mi ricordavo dell’inchiesta giudiziaria di Ilaria Capua. Il mio personaggio? Non rinuncia alla sua componente materna».
L’attrice riprende le parole della regista, quando dice che è «un film femmina»: «Ci sono uomini che vedono la bellezza delle donne e non il loro talento. Io non mi voglio mascolinizzare». E la Capua: «La leadership femminile può esistere, spesso è riconosciuta. Il mio gruppo di ricerca dopo l’inchiesta si disgregò e non ha dato all’Italia ciò di cui avrebbe avuto più bisogno nella pandemia. Ma è vero che i miei traguardi più importanti li ho raggiunti qui».