Dalle isole Salomone alle Barbados: avanza Xi (e s’ammaina la Regina)
La strategia della Cina, che punta a dominare le isole
Sono stati tre giorni d’inferno nella Chinatown di Honiara, la capitale dell’arcipelago delle Salomone nel Sud Pacifico. Dietro lo scoppio di violenze c’è la storica tensione tra le due principali componenti della popolazione (700 mila abitanti circa): la gente dell’isola di Malaita e quella di Guadalcanal, dov’è insediato il governo centrale. Ma sulla rivalità tra i due gruppi ora soffia anche la partita geopolitica tra Cina e Taiwan.
Tra mercoledì e venerdì un migliaio di manifestanti antigovernativi, in maggioranza arrivati da Malaita, si sono scontrati a Guadalcanal con la polizia, hanno attaccato il parlamento di Honiara, la residenza del primo ministro e si sono concentrati nella Chinatown della città, dove hanno saccheggiato e dato alle fiamme decine di edifici, negozi e piccole imprese. Ieri tra le rovine sono stati trovati tre corpi carbonizzati.
Geopolitica
Nel 2019 il governo dell’arcipelago ha troncato con Taipei e riconosciuto Pechino
Il primo ministro Manassah Sogavare giovedì ha chiesto aiuto all’Australia; il governo di Canberra ha accettato l’appello e ha inviato un contingente militare e di polizia di 150 uomini per aiutare a riportare l’ordine. Nella forza di stabilizzazione sono inclusi otto diplomatici. Gli australiani sono esperti della polveriera Salomone, già tra il 1998 e il 2006 c’erano stati disordini gravi e anche allora gli australiani, insieme con i neozelandesi, avevano spedito una missione di pace.
Sogavare, il premier delle Salomone, è sotto attacco da parte della comunità di Malaita soprattutto per la disoccupazione, la povertà e la diseguaglianza economica a vantaggio degli abitanti di Guadalcanal. Ma osservatori internazionali rilevano che a questo scoppio di violenze ha contribuito il malcontento per la decisione del governo centrale di troncare le relazioni diplomatiche con Taiwan e riconoscere la Repubblica popolare cinese, presa nel 2019. Fino ad allora, pescatori e agricoltori di Malaita avevano avuto buoni rapporti commerciali con Taipei. Ora, i benefici di nuovi investimenti da parte di Pechino tardano ad arrivare, anche a causa della pandemia che ha fatto chiudere per mesi le frontiere dell’arcipelago.
Nel 2019, i taiwanesi accusarono Pechino di aver comprato il governo di Honiara per ribaltare l’alleanza politico-diplomatica. Facendo pesare la propria potenza economica, la Cina è riuscita negli ultimi dieci anni a ridurre a 15 il numero delle nazioni che nel mondo riconoscono Taiwan.
La strategia di penetrazione commerciale forse si sta ripetendo alle Isole Marshall, dove gli americani hanno da decenni basi militari e di sorveglianza radar: un gruppo di deputati repubblicani di Washington ha appena scritto alla Casa Bianca per ammonire che la scarsa sensibilità dell’Amministrazione Biden nei confronti degli isolani apre la strada ai cinesi. Analoghi timori, da parte britannica, per le Barbados, che domani diventano Repubblica, detronizzando formalmente la regina Elisabetta che era rimasta capo dello Stato dopo la concessione dell’indipendenza alle isole caraibiche nel 1966. Il governo di Bridgetown nel 2018 ha aderito alla «Via della Seta», il progetto di infrastrutture firmato da Xi Jinping.
«Nelle Salomone, la sfida geopolitica può essere stata una delle scintille, ma non la sola né la più pericolosa», osserva Jonathan Pryke, specialista del Pacifico al think tank australiano Lowy Institute. Sogavare invece sostiene che interferenze straniere hanno aizzato la rivolta: non fa nomi ma si riferisce ad agenti americani e taiwanesi. Però, già nel 2006 la Chinatown di Honiara era stata assaltata dai rivoltosi e allora le Salomone riconoscevano Taiwan.
L’isola di Guadalcanal è stata resa celebre dalla grande battaglia della Seconda guerra mondiale tra americani e giapponesi; le Salomone sono rimaste un protettorato britannico fino all’indipendenza nel 1978 e riconoscono ancora Elisabetta come capo dello Stato.