«Sul palco con lo spirito guida di mio padre»
L’attore Giuseppe Cederna mette in scena il suo racconto «Il sogno dell’Appia»
APordenone Giuseppe Cederna è praticamente di casa. Lui, che è attore di teatro, Tv e cinema (lo ricorderete certamente tra i soldati del «Mediterraneo» di Salvatores, premio Oscar), tra Pordenone Legge e Festival Dedica, in città torna spesso e volentieri. Perché è anche scrittore e qui viene a lavorare per illustri colleghi: «Dover raccontare in modo molto personale il libro di uno scrittore, ti fa entrare con lui in un rapporto molto intimo. Sa che gli hai dedicato molto tempo e lo apprezza. Così ho avuto il privilegio di conoscere da vicino Javier Cercas, Amos Oz, Amin Maalouf, che ha scritto bei romanzi su tempi in cui le culture preferivano ancora il confronto allo scontro. E poi Cees Nooteboom, uno dei miei “scrittori da comodino” preferiti, grazie al quale ho fatto viaggi meravigliosi in Spagna con mia madre».
Quest’anno Cederna porterà a Dedica il suo racconto «Il sogno dell’Appia» ispirato al libro di Rumiz (i due sono amici di vecchia data) Appia (Feltrinelli), nel quale il giornalista triestino ha raccontato il suo viaggio a piedi del 2015 lungo l’antico tracciato (o quel che ne rimane) della Regina Viarum, da Roma a Brindisi. Uno degli ispiratori del viaggio di Rumiz è stato proprio
Genealogie
La narrazione sulla via Appia è stata ispirata da Antonio Cederna, archeologo e attivista
Antonio Cederna, padre di Giuseppe, archeologo e ambientalista, tra i primi a battersi per una gestione più a misura d’uomo delle aree urbane (e non solo) di importanza storica. «Mio padre, con Orazio, è uno degli spiriti guida di questo libro, anche perché proprio con la sua famosa battaglia per difendere l’Appia antica dalle speculazioni edilizie (un giorno quasi cadde in una piscina privata) scoprì il suo destino e la sua vera vocazione: mettere mestiere, passione e conoscenza al servizio del nostro Paese tutelandone la storia, la cultura e l’arte che tanto amava — dice Giuseppe Cederna —. Io ho scritto un vero e proprio racconto che dà una mia lettura del libro di Rumiz, sottolineando quegli elementi, come i piedi, il taccuino, gli incontri, i comportamenti, che ne fanno un bellissimo manuale per trasformare un viaggio in una vera esperienza etico-politica. Potrebbe essere l’avvicinamento a uno spettacolo intero che prima o poi dedicherò all’impegno civile, ambientale e urbanistico di mio padre che, l’ho scoperto di recente, affascina ancora tanti giovani. Oggi Antonio apprezzerebbe senz’altro la passione, la cattiveria e la disperazione di Greta, e se su scala globale le cose sono peggiorate e sulla transizione ecologica si fanno chiacchiere più che fatti, non bisogna mai smettere di battersi per l’ambiente, anche se su piccole cose e magari solo sotto casa propria».
Come torna là fuori il Cederna viaggiatore, dopo la pandemia? «Con tanta voglia. Viaggiare mi ha insegnato la bellezza del mondo, l’importanza della diversità, a raccontare quello che vedo e a capire meglio me stesso. Ancora oggi torno spesso con i miei cari a Kastellorizo, dove è stato girato Mediterraneo. Non amo molto le rimpatriate del film, ma quello è diventato il mio luogo del cuore».