Corriere della Sera

Ghedina «contro» se stesso «Il Pordoi sarà duro anche con la bici elettrica Ma poi arriva la discesa»

Kristian al Giro-E: ora pedalare sui monti è uno spasso

- di Luca Delli Carri

Per un campione abituato a scendere, il pensiero di salire può essere scioccante. Soprattutt­o se le salite che affronterà si chiamano Pordoi e in particolar­e Giau (10 chilometri con una pendenza media del 9,3 %). Ma una tappa dolomitica da fare praticamen­te in apnea, come la numero 16 del Giro-E, non lo preoccupa. «Non mi sono allenato per nulla, ma mi divertirò: mi hanno assicurato che posso cambiare quante batterie desidero», dice Kristian Ghedina, scoppiando in una delle sue tipiche risate. «E poi non dovete dimenticar­vi che siamo in montagna: ci sono le salite ma anche le discese. E a scendere io me la cavo bene», racconta l’icona della discesa libera degli anni 90, vincitore di 13 prove di Coppa del mondo e di tre medaglie iridate. «Due anni fa mi hanno invitato alla Maratona delle Dolomiti e ho fatto una fatica bestiale, in salita

ero proprio fermo e stavo per finire la birra, però in discesa ho trovato Paolo Bettini (due volte campione del mondo su strada, 2006 e 2007, ndr), l’ho superato e siamo arrivati al traguardo così. Ma quanto forte vai in discesa?, m’ha detto. Fai paura».

Cos’è la velocità per lei?

«Il motivo della mia vita. Mi è sempre piaciuta. Ma non solo la velocità, anche tutto ciò che è rischio, adrenalina, emozione. Facendo discesa libera, e più tardi le corse in macchina, di velocità ne ho vissuta parecchio. Mi ha dato grandi emozioni. Arrivo a dire che è la mia linfa vitale di essere sempre bello carico».

Mai avuto paura?

«È normale averla. Tutti dicono che sono sempre stato matto, incoscient­e. Ma se sei incoscient­e ti fai del male. Invece io ero cosciente di quello che facevo, e quando sei cosciente di quello che fai hai paura. La paura devi essere bravo a superarla, devi sapere qual è il tuo limite e non andare mai oltre, altrimenti ti fai male».

Le piace la bicicletta?

«Non ho un gran rapporto con la bici. Quando i primi anni con la Nazionale mi facevano pedalare, la odiavo. Poi è uscita la mountain bike e mi è piaciuta molto, perché posso rimanere in montagna, nella natura. Oggi ne ho una elettrica ed è uno spasso, perché decidi tu quanta fatica fare. La montagna una volta era per gli iniziati, chi sapeva sciare, arrampicar­e, pedalare sulle salite più dure.

Oggi, grazie alla bici elettrica ma non solo, la montagna è accessibil­e a molti, e questa è una bella cosa, perché fa scoprire il nostro territorio a persone che altrimenti non ci verrebbero».

Oggi pedalerà a casa sua: arrivo a Cortina.

«Queste strade le conosco al centimetro. I paesaggi sono stupendi: così belli che allevieran­no la fatica. Per Cortina è un momento magico: sono appena finiti i Mondiali e nel 2026 sarà protagonis­ta delle Olimpiadi Invernali. Tanti pensano che io sia cadorino, ma sono nato a Pieve di Cadore solo perché a Cortina avevano chiuso l’ospedale. Sono ampezzano doc».

Il suo sogno, oggi?

«Il mio sogno è sempre stata la velocità. Vincere in Coppa del mondo, andare forte. Poi ho capito che la vita vera non finisce a 30 o 35 anni. La vera vita comincia dopo. Otto mesi fa è nato mio figlio, e devo ammettere che è uno spasso. Qualcosa che ti cambia la vita e che non è paragonabi­le con nessun successo sportivo. Il mio sogno adesso è ripetere l’impresa, sarebbe bello».

Otto mesi fa è nato mio figlio, una gioia che non si può paragonare con nessuna vittoria

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In azione Ghedina partecipa con il Randstad eCycling Team
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