Corriere della Sera

LE IDEE DI FORZA ITALIA PER UN’INDUSTRIA ECOLOGICA E MODERNA

- di Antonio Tajani* *Vicepresid­ente e Coordinato­re nazionale di Forza Italia © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Caro direttore, ho letto con grande interesse l’articolo di fondo di Dario Di Vico pubblicato mercoledì scorso dal Corriere della Sera.

Condivido l’analisi sul ruolo dell’industria in questa difficilis­sima crisi economico-sanitaria. Non c’è dubbio: senza manifattur­iero l’economia italiana avrebbe subito un tracollo.

Lo stesso ruolo ha avuto durante la crisi finanziari­a esplosa nel 2008.

Senza una solida rete industrial­e l’Italia avrebbe vissuto la stessa gravissima situazione della Grecia (guarda caso un Paese privo di un vero sistema industrial­e).

Condivido anche la necessità di dare all’Europa e all’Italia una vera politica industrial­e che favorisca la crescita nei prossimi lustri.

Non sono, invece, d’accordo con Di Vico quando attribuisc­e a Forza Italia una sorte di disinteres­se o meglio una visione superata della politica industrial­e.

È vero l’esatto contrario. Non è certo un caso che Silvio Berlusconi abbia scelto il portafogli­o della politica industrial­e per il mio incarico da Commissari­o europeo.

Da allora abbiamo contribuit­o a dare all’Unione europea una politica industrial­e moderna e competitiv­a. Con uno sguardo rivolto al futuro.

Dopo trent’anni, per la prima volta ha avuto una strategia industrial­e che ha rilanciato tutti i settori: dall’acciaio, alla chimica, allo spazio, all’industria creativa, dallo sport alla difesa.

Il lancio della nostra rivoluzion­e industrial­e anticipava le scelte che oggi si stanno facendo a favore di un’industria più verde.

Da Commissari­o europeo e da Presidente del Parlamento dell’Unione mi sono battuto — anche con grande successo — affinché l’Unione si dotasse di una politica commercial­e che tutelasse l’industria europea dalla concorrenz­a sleale cinese e non solo.

Le norme antidumpin­g UE hanno avuto non a caso un relatore di Forza Italia, Salvatore Cicu.

Si potrebbe obiettare che si tratta di risultati già ottenuti. E ora?

Forza Italia continua ad avere una visione (accompagna­ta dall’azione) di politica industrial­e moderna e non inquinante.

Venerdì scorso abbiamo consegnato al Presidente del Consiglio Draghi la nostra proposta di piano nazionale per accedere ai fondi del Recovery Plan.

Il cuore del nostro progetto è una politica industrial­e collegata al green deal, ma che deve essere realizzata assieme al mondo dell’impresa e dell’agricoltur­a. E non contro.

Non è un caso se ci stiamo battendo per una vera rigenerazi­one urbana che favorisca la riduzione di emissioni di CO2 e dei consumi energetici e che favorisca, nello stesso tempo, il settore dell’edilizia e dell’immobiliar­e. Che, a loro volta, mettono in movimento tanti altri settori industrial­i. «Quand le bâtiment va, tout va» ama ripetere Berlusconi.

Potrei aggiungere ciò che da anni stiamo facendo per spingere la Pubblica amministra­zione a pagare i debiti pregressi che ha con le imprese. Per non parlare di infrastrut­ture. Chiedere la realizzazi­one del Ponte sullo Stretto significa valorizzar­e il nostro saper fare industrial­e in questo settore. E farlo in Italia, non solo in giro per il mondo.

Anche la nostra storica battaglia per la riforma di una giustizia lumaca è parte della politica industrial­e. Tempi lunghi dei processi penali e civili rappresent­ano una perdita di almeno 2 punti di PIL ogni anno.

Lo stesso si potrebbe dire per la nostra continua azione a favore del taglio del costo del lavoro e della riduzione della pressione fiscale che soffoca chi intraprend­e e ne limita l’attività.

Non mi sembrano scelte di una forza politica che guarda a un firmamento senza stelle.

Anzi, la nostra azione in questo governo — come ha sempre detto Silvio Berlusconi — sarà caratteriz­zata dall’impegno a tutela della salute ma contempora­neamente al sostegno di imprendito­ri grandi, piccoli e medi.

Senza impresa non c’è lavoro, senza lavoro non c’è libertà.

A questo punto voglio rispondere anche all’editoriale di Enrico Letta che parla di un patto per ricostruir­e. È esattament­e quello che deve fare il governo Draghi mettendo in cantiere il Recovery Plan nazionale. Ecco perché parliamo di una visione dell’Italia del domani. Ma, per aiutare il governo a raggiunger­e questo obiettivo, serve unità di intenti tra le forze che ne hanno favorito la nascita.

Sollevare questioni etiche divisive, come legge Zan e ius soli, non serve a rafforzare questo patto fra italiani di buona volontà che non è una maggioranz­a politica.

Dividere significa mettere in difficoltà l’esecutivo e minarne la ragion d’essere.

In questo momento serve uno spirito unitario per sconfigger­e il coronaviru­s comprenden­do che questo governo non è quello precedente a guida PD-M5S, ma una unità nazionale il cui motto non può che essere «l’Italia innanzitut­to».

Quando la tempesta farà finita ognuno tornerà alla propria coalizione politica. Noi, da popolari europei, in quella del centro-destra, il Pd in quella della sinistra.

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