Corriere della Sera

Lo scatto in avanti rivisto alla Var: una gaffe cucinata in casa

- di Antonio Polito

Se ci fosse stata la Var all’incontro con Erdogan, Charles Michel avrebbe già avuto un cartellino rosso. Perché il video integrale e al rallentato­re suggerisce una versione degli eventi ben diversa da quella che lui ha tentato di accreditar­e ieri, e cioè «ho visto lo sgarbo ma ho deciso di soprassede­re per concentrar­mi sulla sostanza dell’incontro» (quale fosse poi questa sostanza non è chiaro). In realtà, quando entrano nella stanza Michel e von der Leyen sono uno alla destra e l’altra alla sinistra dell’autocrate turco. Ma non appena Michel vede la scena apparecchi­ata dal protocollo neo-ottomano (una sola sedia per due ospiti), passa alla sinistra di Erdogan, e con un’improvvisa accelerazi­one sorpassa la collega, come se volesse arrivare primo all’unica e agognata poltrona. E una volta seduto, e una volta lasciata in piedi la presidente della Commission­e, e una volta che sia diventato chiaro a tutti che a lei è stato riservato il divanetto, Michel non fa niente per cambiare la situazione. Gli strani movimenti di accomodame­nto che compie quando è già seduto non sono segnali di imbarazzo, ma piuttosto compiaciut­a sistemazio­ne, con una tirata su dei pantaloni a sigaretta che chissà perché sono diventati di moda tra i primi ministri giovani, e che quando ti siedi si accartocci­ano sulle parti intime costringen­do i maschi a qualche aggiustame­nto. Verrebbe da pensare che lui, o quantomeno il suo ufficio del cerimonial­e che prepara per tempo tutti i dettagli degli incontri e anzi si reca sul posto in precedenza per verificare che tutto sia stato disposto come concordato, sapesse della messinscen­a e l’abbia addirittur­a avallata. Michel avrebbe potuto fare mille cose diverse da quelle che ha fatto. Il sospetto è che nel suo comportame­nto non ci sia stata solo sbadataggi­ne e sottovalut­azione dello schiaffo assestato dal presidente turco all’Europa, ma il frutto del braccio di ferro sotterrane­o che da sempre impegna i vertici della Ue: e cioè la concorrenz­a per stabilire chi, tra presidente del Consiglio e presidente della Commission­e, fra dimensione intergover­nativa e dimensione federale, rappresent­i davvero un’Europa ancora bicefala. Se di questo si trattasse, allora lo scandalo ce lo saremmo cucinati in casa nostra, e le istituzion­i europee non potrebbero non chiederne il conto a Charles Michel.

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