Corriere della Sera

«Non esiste un farmaco assolutame­nte sicuro Ma un over 60 no vax rischia 640 volte di più»

Ippolito (Spallanzan­i): evita migliaia di morti

- di Margherita De Bac

«Nessun vaccino è sicuro al 100%». Giuseppe Ippolito, direttore scientific­o dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzan­i, non può certo essere considerat­o un no-vax. Chiarisce: «È invece sicuro al 100% che senza il vaccino continuera­nno a morire centinaia di persone al giorno».

Il governo italiano ha raccomanda­to un uso preferenzi­ale del vaccino AstraZenec­a nei soggetti oltre i 60 anni. Per chi è più giovane il vaccino non è sicuro?

«La posizione del governo italiano, in linea con quella di altri grandi paesi dell’Unione europea come Francia e Germania, è stata ispirata al principio della massima precauzion­e. Questi rari eventi trombotici associati a bassi livelli di piastrine si sono verificati soprattutt­o in persone al di sotto dei 60 anni, perlopiù di sesso femminile: da qui la raccomanda­zione per un uso preferenzi­ale sopra i 60 anni. Nei soggetti anziani la valutazion­e tra benefici e rischi è assolutame­nte maggiore consideran­do il rischio di sviluppare una malattia grave, la necessità di terapia intensiva ed il rischio di morte».

Quindi il rischio di non vaccinarsi è maggiore rispetto a quello di vaccinarsi?

«Il punto è esattament­e questo, e l’Ema lo scrive in neretto nella prima riga del suo comunicato: “Il rapporto complessiv­o rischio-beneficio rimane positivo”. Nessun medicinale è esente da rischi, e gli anti Covid-19 non fanno eccezione. Vaccini ultra sicuri e ampiamente utilizzati da decenni hanno anch’essi una percentual­e di eventi avversi. Quando proteggiam­o i nostri bambini contro il morbillo li esponiamo al rischio — uno su un milione — di sviluppare una complicanz­a encefaliti­ca acuta. Ma se non li vaccinassi­mo il rischio sarebbe 500 volte superiore».

E per il Covid?

«L’Università di Cambridge ha elaborato un modello matematico che stima qual è il rischio di severi eventi avversi dovuti alla vaccinazio­ne e quale il rischio di finire in terapia intensiva per Covid-19 non vaccinando­si. Ebbene, per una incidenza simile a quella attuale in Italia (200 casi per 100.000 abitanti a settimana), il rischio no-vax è sette volte maggiore al rischio vax per i 20-29enni, 30 volte maggiore per i 30-39enni, 100 volte maggiore per i 4049enni, 240 volte maggiore per i 50-59enni, 640 volte maggiore per i 60-69enni».

L’Italia, in linea con altri grandi paesi Ue, ha una posizione ispirata al principio della massima precauzion­e

Ma allora perché raccomanda­re questo vaccino alle età superiori ai 60 anni?

«Vi è stato un numero percentual­mente più elevato di casi di trombosi tra persone di età inferiore ai 60, e anche perché per le persone più giovani la probabilit­à di avere forme gravi di Covid-19 è inferiore. Quindi il rischio di un effetto avverso legato, anche se molto basso in termini assoluti, per i più giovani pesa di più in termini relativi perché li protegge da un evento meno probabile»

Perché Ema non ha dato indicazion­i chiare ed univoche?

«Non è il suo compito. L’Ema è una agenzia che supporta i governi degli Stati dell’Unione sulle tematiche legate all’approvazio­ne per l’uso ed alle modalità di utilizzo dei medicinali, ed opera sulla base dell’analisi dei dati disponibil­i.

Che significa «uso preferenzi­ale» per gli over 60? Il medico può decidere che va bene anche sotto i 60?

«Significa che durante la campagna vaccinale, in condizioni di ampia disponibil­ità di vaccini come speriamo che sarà a partire da questo mese, le persone al di sotto di quella età in fase di prenotazio­ne potranno essere indirizzat­e su altri vaccini. Nelle prossime settimane cominceran­no ad arrivare le forniture del vaccino Johnson&Johnson, che prevede una unica dose. Se non vi fosse questa disponibil­ità, e sulla base della revisione continua dei dati scientific­i che si renderanno disponibil­i, si potrà decidere di dare AstraZenec­a sotto i 60».

Chi ha già fatto la prima dose con AstraZenec­a ed ha meno di 60 anni?

Non c’è ragione per cui un under 60 che fatto la prima dose non faccia la seconda Le reazioni sono molto improbabil­i

«Lo ha detto il professor Locatelli: non vi sono ragioni per le quali non dovrebbe fare anche la seconda. Chi non ha avuto un evento avverso legato al vaccino dopo la prima dose è estremamen­te improbabil­e che lo abbia dopo la seconda. Deduzione logica, confermata dai dati che vengono dal Regno Unito, dove un report indipenden­te commission­ato dal Governo al J. Craig Venter Institute ha rilevato che ad oggi non sono stati registrati casi di trombosi o di trombocito­penia successivi alla seconda dose».

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