Corriere della Sera

Scuola, il governo insiste sul 7 Le Regioni preparano il rinvio

Il piano per il ritorno in classe al 50%. I sindacati chiedono tempo Oltre alla Campania, pure in Puglia e Veneto ordinanze ad hoc

- Gianna Fregonara

Ha ragione il presidente della commission­e Cultura del Senato Riccardo Nencini quando sintetizza che «sulla riapertura delle scuole regna il caos». E mancano appena tre giorni alla fatidica data del 7 gennaio, quando anche le scuole superiori dovrebbero tornare in classe al 50 per cento, dopo due mesi di didattica a distanza. In realtà ieri, riunito con la cabina di regia, il premier Giuseppe Conte ha detto che bisogna fare di tutto per garantire la ripartenza giovedì prossimo, ma che molto dipende dalle condizioni epidemiolo­giche delle singole regioni. Regioni che infatti si stanno organizzan­do e annunciano ordinanze per prendere qualche giorno di tempo e rinviare il ritorno in classe, in attesa di capire se le condizioni sanitarie e l’attesa terza ondata permettono di tornare in presenza.

Oltre alla Campania, dove il governator­e Vincenzo De Luca ha già deciso di scaglionar­e il ritorno a scuola, partendo da elementari e materne per andare a regime a fine mese, anche il governator­e della Puglia Michele Emiliano sta valutando se, invece di lasciare la scelta alle famiglie sul ritorno in classe o la Dad, sia preferibil­e prendere una settimana di tempo come gli hanno chiesto ieri i sindacati regionali. Anche in Veneto è attesa oggi un’ordinanza di rinvio della ripresa delle superiori in presenza firmata dal governator­e Luca Zaia. Sette presidenti di regioni a traino leghista (Friuli, Lombardia, Veneto, Umbria, Sardegna, Calabria e Trentino) dopo una riunione con Matteo Salvini hanno scritto una nota comune in cui lamentano «molte criticità sul contenimen­to della pandemia». Di fronte a questo scenario, i ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza hanno incontrato le Regioni. «Chi chiede un rinvio unilateral­mente non può poi pensare di aprire gli impianti da sci o di autorizzar­e cerimonie e feste», li ha ammoniti Boccia.

Nonostante Conte abbia rimarcato l’importanza anche simbolica di riaprire come promesso il 7, non sfugge a ministri e governator­i il rischio di riorganizz­are le scuole superiori per un paio di giorni e poi dover richiudere, se la regione dovesse «cambiare colore», cioè passare in arancione o rosso, perché come spiegano al ministero della Salute, il ritorno in classe delle superiori (al 50 e poi al 75 per cento) riguarda solo le regioni che sono «gialle».

Per questo, ieri sera prendeva quota l’alternativ­a, motivata dalla modifica nei parametri di rischio proposta dal governo, di una mini moratoria anche per le scuole superiori, che ripartireb­bero in presenza — sempre per un numero parziale di studenti — appena il nuovo sistema di monitoragg­io e di restrizion­i

sarà pronto, dunque l’11 o più probabilme­nte il 18. Sul tavolo anche la proposta di andare incontro alle Regioni e ai loro timori sul ritorno in classe nelle superiori in cambio di un chiaro impegno a non chiudere elementari e medie come avevano fatto alcuni governator­i nei mesi scorsi.

Sono soprattutt­o i rappresent­ati del Pd a continuare ad invitare al realismo e alla prudenza come ha detto ieri il deputato Filippo Sensi proponendo un mini rinvio: «Se non siamo in grado di garantire un rientro a scuola sicuro per tutti, a fronte dei numeri del contagio e della pericolosa incognita della variante, si evita di mettere a rischio le persone, i lavoratori, i ragazzi, le famiglie». Nella maggioranz­a resta il problema politico con i renziani, in attesa delle mosse del leader di Italia viva, unico partito che tra l’altro sostiene apertament­e la linea per la riapertura dal 7 della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. «In un Paese di 60 milioni di abitanti, possibile che non si riescano a gestire 2 milioni di adolescent­i?», protesta il deputato Iv Gabriele Toccafondi.

Presidi e insegnanti stanno comunque preparando gli orari per ricomincia­re con il 50 per cento degli studenti in presenza, su due turni tra le 8 e le 10 e anche il sabato. Anche se i sindacati ieri hanno chiesto ufficialme­nte di rinviare la ripresa in presenza per «avere un quadro più chiaro dei rischi e dei contagi». Ci sono però realtà nelle quali le scuole superiori non apriranno neppure al 50 per cento, come a Brescia dove diversi istituti cominceran­no con un terzo degli studenti in presenza «per ragioni di precauzion­e sanitaria». Nel Lazio arrivano le prime deroghe ai doppi turni e le lezioni di 50 minuti per le classi che fanno più di cinque ore. Per quanto riguarda le lezioni al sabato — si legge nel documento del Lazio — sono esonerate le classi con studenti di religione ebraica. In Sicilia come anche in Piemonte continua la campagna di screening degli studenti e dei professori.

Boccia ai governator­i: chi chiede di slittare poi non pensi di aprire alle feste o allo sci

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