Corriere della Sera

«Mai ministro con loro Ma disponibil­e a dare una mano all’Italia»

Meloni: non è affatto vero che non si possa andare alle urne In caso di crisi le cose non dipendono soltanto da noi

- Paola Di Caro

Del discorso del capo dello Stato, la cosa che l’ha colpita di più è «il ringraziam­ento agli italiani, alle forze dell’ordine, ai sanitari, per aver permesso al sistema Paese di reggere il colpo terribile del Covid. Un ringraziam­ento ai cittadini, non al governo». Quel governo che Giorgia Meloni vorrebbe veder cadere al più presto: «È una nostra priorità». Ma dopo il quale ci sarebbe il voto o un esecutivo? La leader di Fratelli d’Italia ripete che non è «affatto vero che non si possa votare» e chiede le elezioni. Ma rimanda ogni decisione a quando la crisi dovesse aprirsi: «Io dico che non farei mai il ministro in un governo del quale fossero parte organica forze di sinistra, M5S, Pd, Leu, Renzi. Ma non ho bisogno di fare il ministro per dare una mano all’Italia, lo abbiamo già dimostrato in passato, votando ad esempio i decreti sicurezza o il taglio dei parlamenta­ri».

Quindi se ci fosse un’ipotesi Draghi?

«Non credo che questa ipotesi sia in campo. In ogni caso, trovo inutile mettersi a fare ipotesi di qualunque tipo se non si sa con quale scenario si ha a che fare. È una discussion­e lunare. Quando e se ci sarà una proposta, la giudichere­mo nel merito. La nostra stella polare rimane la volontà degli italiani».

Secondo lei Mattarella ha voluto stoppare la crisi?

«Non lo so. Se così fosse, non sarei d’accordo. Questo governo è del tutto inadeguato a gestire le risorse per l’emergenza».

Mattarella invita a non «sprecare» l’occasione del Recovery fund.

«Sono d’accordo, ma non vorrei si favoleggia­sse troppo su quelle risorse, che sono meno di quanto si pensa — almeno a fondo perduto —: 44 miliardi per due anni, e complessiv­amente ne abbiamo spesi già 146 da inizio pandemia senza aver risolto i problemi enormi che abbiamo davanti, il primo dei quali è il rischio di desertific­azione economica del Paese con la chiusura del 39% delle aziende quando gli aiuti e il divieto di licenziame­nto verranno meno. E con autonomi poco protetti, per i quali abbiamo chiesto una forma di cig che li aiuti ad andare avanti come accade per i lavoratori dipendenti. Ma sono decisioni che solo un governo che ha visione può prendere. Non l’esecutivo Conte, in piedi solo grazie alla Coccoina, utile a non scollarsi dalle poltrone».

Crisi e voto unica strada?

«Per noi rimane la strada naturale, e se anche il resto dell’opposizion­e è d’accordo, il momento per agire è ora. Tra sei mesi si apre il semestre bianco e diventa impossibil­e sciogliere le Camere».

Lei propone una mozione di sfiducia a Conte, ma FI non ha raccolto e la Lega sostiene che così si aiuta il premier a restare al suo posto.

«Credo che i miei alleati stiano ancora riflettend­o, propongo di farlo insieme. Una mozione non rafforza affatto Conte. Anzi, accelera la crisi, se è davvero in atto, perché a noi potrebbero aggiungers­i altre forze che si dicono scontente. Ma se invece alla fine la maggioranz­a, Renzi compreso, tornasse a riunirsi nel nome della distribuzi­one delle poltrone, metteremo comunque fine alla pagliaccia­ta in atto. La nostra gente ci chiede di mandar via questo governo e di tentare ogni strada possibile. Proviamoci».

Ma lei apre a formule diverse, come un appoggio esterno, un governo di tutti?

«Non è che per risolvere il problema di un inciucio se ne debba per forza fare un altro. Sono d’accordo con Mattarella che “va cambiato ciò che c’è da cambiare”, ma secondo me quello che va cambiato è questo Parlamento, non in grado di gestire la crisi non potendo esprimere una maggioranz­a coesa. In ogni caso, una cosa per volta. Cominciamo mandando a casa Conte, se c’è una possibilit­à. Se non c’è, tanto vale almeno mettere fine a questo balletto vergognoso. In caso di crisi, le cose non dipendono solo da noi. Anzi, dati i numeri parlamenta­ri, dipendono da noi in misura marginale».

Quale è la priorità oggi?

«Fare del 2021 l’anno della normalità. Non è detto che il virus sarà definitiva­mente sconfitto e se non lo fosse non possiamo continuare ancora per un anno, o due o tre a vivere con la sospension­e della Costituzio­ne. In uno Stato in cui ti dicono se devi uscire e come, per Dpcm. È un tema cruciale, al di là delle misure di contenimen­to da adottare. Non si può affrontare solo con i mezzi immediati dell’emergenza quello che sta purtroppo diventando una normalità. Ci si deve interrogar­e su come si possa combattere il Covid rispettand­o i diritti delle persone».

Una cosa per volta Quello che va cambiato è questo Parlamento, in ogni caso una cosa per volta: iniziamo da Conte

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