«Io credo molto nell’Arma Ma se lo Stato viene tradito deve essere inflessibile»
Grazia Pradella a capo della Procura: è prevalso il senso di impunità
Procuratore Grazia Pradella, lei si è insediata a Piacenza solo il 25 giugno. Un bell’impatto?
«L’indagine mi era stata preannunciata un mese prima, quando il Csm mi aveva designato. Ho subito letto la richiesta di custodia cautelare già trasmessa al gip dai colleghi Matteo Centini e Antonio Colonna. Ne abbiamo parlato e l’ho condivisa».
Il Gip ha accolto tutte le tesi accusatorie contenute nella vostra richiesta.
«Ho molto apprezzato la passione civile ed etica che traspare dall’ordinanza. Ad un magistrato di esperienza fa molto piacere, specialmente in questo periodo di discussione interna alla magistratura, constatare che ci sono giovani giudici che affrontano un impegno così gravoso in poco più di un mese riuscendo a dare una valutazione degli elementi probatori seria ed approfondita».
Cosa ha provato trovandosi di fronte a servitori dello Stato che ritiene infedeli?
«Non è la prima volta che mi accade, ma ogni volta provo un dispiacere profondo. In questo caso si aggiunge amarezza perché era difficile credere ad un atteggiamento criminale di questo tipo da parte di uomini che hanno sempre lavorato affianco dei magistrati».
Qual è stato il momento più difficile?
«Quando mi sono resa conto dell’enormità della situazione. Che ci fosse un’accettazione di sistemi di illegalità così diffusa da parte di tutti mi ha francamente stupito, come arresti basati su atti falsi per procurarsi stupefacenti e, nel contempo, dimostrare ai vertici di essere i più bravi».
Una sorta di competizione?
«C’è un continuo auto-esaltarsi degli indagati che si misurano con colleghi di altre caserme i quali, però, sono persone perbene che fanno il loro dovere senza sbavature».
Com’è possibile che fatti di questo genere e di una tale gravità non siano emersi prima? C’è un problema di comunicazione all’interno dell’Arma?
«Su questo come magistrato non posso esprimermi. Sicuramente ci saranno degli approfondimenti. Se ci sono stati comportamenti non penalmente rilevanti, ma rilevanti disciplinarmente, l’Arma certamente farà approfondimenti. Il Comandante generale Nistri mi ha assicurato una forte volontà di chiarezza».
Gli aveva preannunciato che uomini dell’Arma sarebbero stati arrestati?
«Ho ritenuto doveroso farlo immediatamente prima che gli arresti fossero eseguiti. È stata dura perché mi rendevo conto di dover rappresentare in poche parole una situazione gravissima che in quel momento non potevo dettagliare per esigenze investigative».
Più volte ha detto che l’Arma non è quella degli indagati, ma quella di migliaia di carabinieri che indossano la divisa con onore.
«È così. Per trent’anni ho lavorato con tutte le forze dell’ordine. Con l’Arma c’è un legame profondo, credo moltissimo nella lealtà degli operanti, ma se la fiducia dello Stato viene tradita, è necessario che lo Stato sia inflessibile nell’accertamento della verità».
Comunque siete partiti dalla segnalazione di un ufficiale dei Carabinieri alla Polizia locale.
«Sì, è vero. La Procura ha effettuato poi i doverosi approfondimenti e riscontri».
Per la prima volta è stata sequestrata una caserma. Era indispensabile?
«Cero. Assolutamente indispensabile, per fini probatori e solo per il tempo strettamente necessario. Bisogna analizzare la documentazione che c’è dentro e vogliamo ricostruire punto per punto quello che è successo».
Userete il luminol per cercare tracce di sangue delle persone che sarebbero state picchiate?
«È stato contestato il reato di tortura. Saranno fatti gli accertamenti necessari».
Cosa è successo davvero lì dentro per arrivare a così tanto?
«Forse ci vorrebbe anche un esperto in psicologia. Certo, dagli atti risulta che si è perso il contatto con i più elementari doveri di un militare ed è prevalsa una convinzione di totale impunità».
Mentre infuriava la pandemia, gli indagati pensavano a come mandare avanti lo spaccio della droga nonostante il lockdown.
«È uno degli aspetti che dimostrano quanto avessero completamente perso il senso delle istituzioni. Constatare che nella città che ha avuto il numero maggiore di morti rispetto alla popolazione, accanto a carabinieri che facevano di tutto per stare vicino alla gente ce ne fossero alcuni che addirittura approfittato della tragedia, mi ha colpito da un punto di vista etico e morale, ancor prima che penale».
Il piano etico
Sapere che nella città con più morti per Covid alcuni spacciavano, mi colpisce sul piano etico