«Non ci sono stati errori, queste sono le regole Ma resta la sensazione di aver subito una beffa»
Il magistrato Sabella: dura pensarlo a casa
Alfonso Sabella, assessore alla legalità nella giunta dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, cacciatore di mafiosi prima e giudice del tribunale di Napoli oggi, che lettura dà della liberazione di Massimo Carminati?
«Nel merito non c’è nulla da rilevare. Tutto è avvenuto seguendo le procedure: la difesa presenta la sua istanza su motivi che un giudice ritiene fondati e accoglie. Eppure la sensazione di aver subito una beffa è forte. E fa rabbia. Come si può spiegare a un cittadino comune che, con quel curriculum criminale, Carminati adesso stia a casa sua?».
Il ministro Bonafede annuncia l’invio di ispettori. Una risposta a quei sentimenti dell’opinione pubblica che evocava anche lei o sono ravvisabili comportamenti da sanzionare?
«In casi così delicati è giusto fare tutte le verifiche anche per assecondare questi umori. Ma onestamente non vedo quali errori potrebbero ravvisare gli ispettori. È stato seguito il codice e anche se la decisione amareggia va rispettata. Il problema è tutto qui».
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In Campidoglio ho visto la disponibilità del sistema a piegarsi a interessi privati
d Questo è un esito che fa rabbia perché ciò che è emerso a carico suo è devastante
Dunque è da riformare il codice?
«Queste norme nascono da una impostazione di trent’anni fa e dalla indicazione di evitare i maxi processi. Che invece si continuano a celebrare. Quanto ai termini di custodia, siamo uno Stato iper garantista e questo inevitabilmente allunga i tempi della giustizia. Bisognerebbe avere processi più veloci».
L’inchiesta Mondo di Mezzo però ha esaurito in meno di cinque anni i tre gradi di giudizio partendo da oltre 100 indagati e decine di capi di imputazione.
«Sì, e considerando la mole di atti da esaminare è un tempo più che apprezzabile. La norma in vigore al momento degli arresti prevedeva otto anni di pena massima per la corruzione, Carminati ne ha scontati già due terzi e dunque ha maturato il diritto ad uscire».
Manca ancora il conteggio definitivo della pena per i reati rivalutati dalla Cassazione, che ha depositato pochi giorni fa le sue motivazioni. Che cosa può succedere ora?
«In primo grado le pene erano alte anche senza la contestazione di mafia. Se dovessero essere ripristinate, Carminati tornerebbe in carcere».
Sono ancora possibili misure cautelari in attesa del riconteggio (obbligo di firma o dimora, divieto di espatrio etc)?
«Questa era una decisione del Riesame che doveva valutare solo i presupposti per la scarcerazione. Nulla impedisce alla corte d’appello, tramite la Procura generale, di chiederle».
È di queste ore l’arresto di venti affiliati ai Casamonica con la contestazione dell’associazione mafiosa, stessa accusa già riconosciuta per i clan Fasciani, Spada e le varie ramificazioni della criminalità capitolina. L’associazione di Buzzi e Carminati era davvero diversa da queste?
«Sì, e l’ho sempre detto opponendomi allo scioglimento del comune per mafia. Nei mesi che ho trascorso in Campidoglio ho visto tanta corruzione o meglio la disponibilità del sistema a piegarsi ad interessi privati. Anche per questo l’assoggettamento alle armi e alla violenza non c’è stato. La violenza non era necessaria».
La liberazione di Carminati è benzina per chi sostiene che «Mafia Capitale» sia stata una bolla mediatica. Ma è davvero così?
«Non scherziamo. Ci sono reati gravissimi accertati, lo stesso Carminati che negli anni è sempre sfuggito alla giustizia nonostante il suo curriculum è stato condannato in via definitiva. Non a caso ha trascorso sei anni in carcere in via cautelare. Mi chiedo: fa davvero la differenza per i romani e gli italiani sapere se ci sia l’aggravante della mafia in una amministrazione pubblica che per anni si è piegata agli interessi privati? Carminati libero fa rabbia proprio perché quello che è emerso a carico suo e degli altri condannati è devastante».