Usa, due milioni di contagi
Diffusione accelerata negli Usa: superata la soglia dei 2 milioni Dopo New York, colpiti Stati repubblicani con meno restrizioni
Texas, Florida e California sono solo alcuni esempi. La curva dei contagi ha ripreso a salire in 21 Stati americani. Dall’inizio di giugno in 14 di questi (più Portorico) l’infezione si è propagata a una velocità mai raggiunta dall’inizio dell’epidemia.
L’onda del contagio riparte in Texas, con circa 2.500 casi in più in un solo giorno. O in Florida: 8.533 positivi in una settimana. O ancora in California. La curva ha ripreso a salire in 21 Stati americani. Dall’inizio di giugno in 14 di questi (più Portorico) l’infezione si è propagata a una velocità mai raggiunta dall’inizio dell’epidemia. Oltre a Texas, California e Florida nella lista figurano Alaska, Arizona, Arkansas, Kentucky, New Mexico, North Carolina, Mississippi, Oregon, South Carolina, Tennessee e Utah.
Alcuni territori si stanno preparando a reggere l’urto delle possibili conseguenze. Il 6 giugno Cara Christ, responsabile del Dipartimento Servizi Sanitari in Arizona, ha scritto agli ospedali per sollecitarli a «predisporre i piani di emergenza». C’è il timore che i reparti siano sommersi di malati Covid-19 e che non siano pronte sufficienti unità di ventilazione.
Nel complesso la situazione negli Stati Uniti è frammentaria. La soglia dei contagiati ha superato i 2 milioni. I morti sono circa 115 mila. Dal primo giugno il grafico si è mosso in modo irregolare: il bollettino giornaliero delle vittime ha oscillato tra un minimo di 448 a un massimo di 1.039. I nuovi casi sono in media 20 mila al giorno.
Lo sciame del virus si è spostato dalle aree finora più colpite. Un esempio su tutti: lo Stato di New York. Dall’inizio del mese gli infettati sono stati tra 1.000 e 600 al giorno, quando ancora qualche mese fa raggiungevano i 10 mila, cioè circa la metà del totale negli Stati Uniti.
Ora si cerca di capire se esista una relazione diretta tra la riapertura dell’economia e le nuove fiammate dell’infezione. Gran parte degli Stati ora più esposti sono guidati da Governatori repubblicani che hanno tolto le misure di lockdown senza aspettare che il trend dei contagi fosse in calo per 14 giorni consecutivi, come raccomandato dal Cdc, l’autorità sanitaria federale. È il caso, fra gli altri, del Texas, della Florida, del Tennessee. Ma nell’elenco compaiono anche Stati governati da democratici come California e North Carolina. Il problema è che le misure di distanziamento sociale spesso sono gestite con severità diversa, da contea a contea. Come accade in California.
Ma c’è una questione ancora più evidente. Nelle ultime settimane la voce degli scienziati è diventata sempre più flebile. Sovrastata prima dal proclama di Donald Trump e dei Governatori repubblicani: «bisogna tornare al più presto alla normalità». Poi oscurata anche dalle affollate manifestazioni di protesta per la morte di George Floyd.
Il 5 maggio scorso a Washington era diffusa la convinzione che il presidente stesse per licenziare Anthony Fauci, virologo di riferimento nella task-force anti-virus della Casa Bianca. Un mese dopo il dottor Fauci è ancora al suo posto, ma Trump ha raggiunto comunque l’obiettivo di ridimensionarne drasticamente il ruolo. Le conferenze stampa del gruppo guidato da Deborah Birx sono state abolite senza alcuna spiegazione pubblica. E le raccomandazioni di Fauci sono passate tranquillamente in secondo piano. Nelle marce di Minneapolis e nel resto del Paese, il distanziamento sociale è saltato. Vero: la grande maggioranza degli attivisti è scesa per le strade con la mascherina. Ora si spera sia stato sufficiente per arginare il coronavirus.