Il caso Regeni agita il governo Pd e M5S divisi sulle navi all’egitto
Di Maio: trattativa non ancora conclusa. Ma una fonte dell’esecutivo: accordo già fatto
MILANO Sul tavolo del governo c’è da tutelare un affare, tra Fincantieri e Leonardo, che vale tra i 9 e gli 11 miliardi di euro. Di questo pacchetto fa parte la vendita, dall’italia all’egitto, di due fregate militari (Spartaco Schergat ed Emilio Bianchi) che erano state costruite per la nostra Marina, tanto che a febbraio il ministro della Difesa ha dovuto firmare un parere tecnico di rinuncia, nell’ambito di un ampio accordo siglato tra il premier Conte ed il presidente egiziano Al-sisi.
La notizia giunge a quattro mesi esatti dall’arresto di Patrick Zaki attivista egiziano e studente all’università di Bologna.
E tra gli effetti innescati c’è anche la durissima reazione dei genitori di Giulio Regeni, il giovane ricercatore trovato ucciso in Egitto il 3 febbraio 2016: «Questo governo ci ha traditi — hanno detto a La Repubblica —. Le navi e le armi che venderemo ad Al-sisi serviranno a perpetuare le violazioni dei diritti umani».
Lo sfogo dei genitori di Regeni causa importanti ripercussioni politiche nella maggioranza, in particolare all’interno del M5S, visto che la partita è gestita operativamente dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro e dall’omologo degli Esteri Manlio Di Stefano.
La sofferenza è particolarmente forte tra i grillini dell’ala più a sinistra, che fa riferimento al presidente della Camera Roberto Fico e che ha sempre più peso nel Movimento. Mentre il capo politico Vito Crimi va nella direzione opposta: «Non stiamo regalando le navi ma le stiamo vendendo — spiega —, l’egitto le ha chieste a vari Paesi e noi abbiamo la possibilità di fornirle, di fatto è una manovra di tipo economico». Ulteriore benzina sul fuoco tra i grillini, tanto che il ministro degli Esteri prova a gestire la polemica: «È bene precisare — scandisce rispondendo a una interrogazione di Leu — che la procedura autorizzativa alla conclusione delle trattative per le fregate Fremm è tuttora in corso». Mentre una fonte qualificata del governo confida al Corriere che «la partita è chiusa, non è possibile tornare indietro». Di Maio aggiunge poi che l’egitto resta «uno degli interlocutori fondamentali nel Mediterraneo», mentre «le istituzioni italiane continuano a esigere la verità dalle autorità egiziane».
La tensione, a fine giornata, diventa ancora più alta. E il premier Conte risponde alla convocazione d’urgenza della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Regeni: «Andrò assolutamente, appena possibile, anche se mi dicono che non è usuale che un presidente del Consiglio riferisca» in una tale sede. È un passaggio assai delicato da gestire per il capo del governo, che oltre ai problemi in maggioranza non può permettersi ulteriori tensioni in vista degli Stati generali per la ripartenza post Covid.
Ma è bufera anche nel Pd. C’è l’ala «atlantista», con i deputati Alberto Pagani e Carmelo Miceli, che difende l’operazione Fremm, definendola «una collaborazione politica e militare con il principale Paese del Nord Africa, che può aiutarci a garantire stabilità nel Mediterraneo». Mentre l’anima di sinistra, con Lia Quartapelle evidenzia i rischi dell’operazione: «L’egitto non è un nostro alleato: abbiamo interessi diversi, con gli egiziani che fanno parte di un asse reazionario e che in Libia sostengono il governo di Haftar».