Conte resiste con Bruxelles La strategia per fare da solo
L’irritazione di Angela Merkel per i toni «aggressivi» di Giuseppe Conte non faranno cambiare linea a Palazzo Chigi.
Il presidente del Consiglio pensa di essersi incamminato sulla strada giusta e non intende tornare indietro. «Le scelte di questi giorni drammatici diranno se l’europa ha ancora un senso», è il ragionamento del capo dell’esecutivo, che ha molto apprezzato il sostegno del Quirinale. La sponda di Sergio Mattarella, che ha spronato il Consiglio europeo a superare i «vecchi schemi», è più che mai preziosa nel momento in cui Matteo Salvini torna a minacciare l’italexit, sfogando «schifo e sdegno» per le istituzioni di Bruxelles: «Ma andate a c...». Le idee di Conte sono lontane anni luce, eppure il premier sa di dover mostrare altrettanta determinazione nel difendere il futuro degli italiani. «Abbiamo i conti in ordine — è il punto di partenza delle sue riflessioni —. Se vogliamo ragionare come Europa unita, bene, altrimenti l’italia è una potenza del G7, è il secondo Paese manifatturiero del continente e ne uscirà anche da sola, con le sue forze». Al di là della rivendicazione orgogliosa, il problema è il come. Cosa vuol dire, in soldoni, «faremo da soli»? Davvero il governo giallorosso può sdegnosamente rifiutarsi di attingere alla cassaforte da 410 miliardi del Mes? «Il fondo europeo salvastati si può utilizzare soltanto senza condizionalità e con restituzioni a lungo termine», tiene duro Conte. Ma certo non sarebbe una rinuncia da poco, visto che in gioco ci sono circa 35 miliardi. I ministri finanziari dell’eurogruppo si sono dati due settimane per trovare un accordo e il governo intende dare battaglia. La priorità per ottenere una forte iniezione di liquidità restano i Coronabond, che Conte preferisce chiamare «European Recovery Bond» e che potrebbero essere emessi dalla Banca europea degli investimenti (Bei). Ma poiché Germania, Olanda e gli altri «falchi» del Nord si oppongono, tra Palazzo Chigi e il Tesoro si studia un piano alternativo. Il tempo è poco. L’unica via immediata per sostenere imprese, lavoratori è famiglie è il ricorso al debito, contando sulla sospensione del Patto di stabilità e sull’ombrello della Bce per impedire l’impennata dello spread. Si tratterà di finanziare il disavanzo ricorrendo al mercato, con l’emissione diretta di titoli pubblici. E per questo verrà chiesto al Parlamento di autorizzare un ulteriore aumento del deficit. Un altro strumento sono i Fondi comunitari, a cui si può attingere per almeno 5 miliardi. E una mano per la ricostruzione, come suggeriscono i 5 Stelle, potrebbe darla anche la Cassa depositi e prestiti. Al Tesoro, dove si smentiscono come «fake news» le voci di tensioni tra Conte e il ministro dem Roberto Gualtieri, si lavora al decreto legge di aprile. Tra la liquidità da assicurare alle imprese e il nuovo, massiccio investimento sugli ammortizzatori sociali, la manovra potrebbe lievitare a 30 miliardi. Solo per la cassa integrazione servirebbero circa 13 miliardi al mese. Il governo vorrebbe inoltre portare da 600 a 800 euro il bonus per autonomi e professionisti. Saranno prorogate ancora le scadenze fiscali. E visto che le scuole per ora non riapriranno, sarà inevitabile prorogare i congedi e i voucher baby sitter.
L’ira di Salvini Salvini sbotta contro le istituzioni europee «Schifo e sdegno, andate a c...»