Corriere della Sera

Le mille luci di Lisbona Qui anche la malinconia diventa una forma d’arte

- di Andrea Nicastro

Dopo Virgilio nessuno aveva più scomodato Giove e i suoi olimpici compari per giustifica­re il ruolo imperiale della propria città. Lo fece invece nel 1572 Luís Vaz de Camões con un poema epico destinato a diventare popolariss­imo, opera base della letteratur­a portoghese. Ancora oggi a scuola si studiano i versi di «Os Lusíadas», i figli di Luso, guidati nei secoli dalla mano divina verso l’ineluttabi­le destino di padroni del mondo.

Chi sorride oggi, pensando alla bancarotta pubblica di pochi anni fa, alla disoccupaz­ione, all’esiguità del Pil, non ricorda il «capitano eloquente» (Vasco de Gama) e la vastità dei dominii portoghesi. Mai nella storia un Paese tanto piccolo, tanto povero e spopolato è riuscito a dominare spazi così sconfinati. Il sogno di Vaz de Camões è durato pochi decenni, ma il risveglio è stato lentissimo. Lisbona ha preferito continuare a illudersi, sperare, coltivare la malinconia fino a farne un’arte e ha finito per mimetizzar­si con le sue proprie colonie. In nessun’altra capitale europea esiste un meticciato così radicato e fecondo. Il primo ministro António Costa, che sta portando il Paese fuori dalle secche della Grande Crisi, è di origine indiana. È angolana la prima proprietar­ia immobiliar­e di Lisbona, brasiliani i successi musicali.

Nonostante, sia da secoli ai margini del mondo che ha aiutato a scoprire, Lisbona non è una capitale decaduta. Nostalgica, fatiscente a volte, ma non decaduta perché non è mai stata altezzosa o arrogante. Ancora oggi quell’atmosfera che incanta i turisti arriva da quell’attitudine dolce, rassegnata, verso il destino che non ha fatto in tempo a compiersi.

Il Monasterio de los Jerónimos e la Torre di Bélen sono così assurdamen­te sfarzosi da essere inverosimi­li, onirici appunto, isolati in un tessuto urbano ben più modesto e adatto alla reale dimensione della città.

I tram sferraglia­no attraverso vie simili a quelle di una kasbah e sono ben più concreti dei delfini o delle navi scolpite sui palazzi-vetrina. Dalle carrozze della celebre linea 28 pare di attraversa­re dei continenti non una città: si passa dall’africa a Parigi, dall’oceano infinito al Cimitero dei Piaceri, paradossal­e capolinea di un tram e di migliaia di vite.

Trasfigura­ta da Fernando Pessoa, ridisegnat­a da Antonio Tabucchi, Lisbona è città femmina, mai uguale a sé stessa, passionale. La sfida del viaggio del Corriere della Sera sarà di coglierne il richiamo sensuale. Imperdibil­i a Lisbona sono i Pastéis de Belém, dolci fantastici, il baccalà in tutte le sue varianti e la luce asciutta, trasparent­e che si vede solo lì.

Maggio dovrebbe garantire giornate di sole rinfrescat­e dal vento, ma soprattutt­o quella incredibil­e luminosità. Tutti sembrerann­o più belli nelle foto. E Lisbona, il buen ritiro di Cascais, il giocattolo di Sintra e l’incredibil­e sperone di Cabo da Roca sull’atlantico apparirann­o baciati dal fato per la gioia postuma del Virgilio portoghese e nostra.

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Il tram della celebre linea 28 per le vie di Alfama, a Lisbona
(Afp) Per le strade Il tram della celebre linea 28 per le vie di Alfama, a Lisbona
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