Corriere della Sera

I simboli Le bacche rosse in cui Dickens vide la Natività

- Di Paolo Di Stefano

«T rovai le mie camere ornate di agrifoglio con le sue bacche rosse, e di muschio, al fine di rammentarm­i la festività del Natale della vecchia Inghilterr­a». Così scrisse Charles Dickens in una lettera inviata alla cognata nell’inverno 1867 da Boston, dove si trovava per un giro di conferenze oltreocean­o. Proprio lui, l’autore del Canto di Natale, rimase colpito dalle attenzioni con cui venne accolto dagli ospiti americani. E non è un caso che sia il più profano dei simboli natalizi l’oggetto che Dickens trovò in albergo: il ramoscello sempreverd­e che, con le sue foglie spinose, già i latini avevano eletto a portafortu­na capace di tenere a distanza i malefici. Il passaggio dalla cultura pagana alla religione cristiana fu pressoché fatale: l’agrifoglio assomiglia­va troppo a una corona di spine e le sue bacche rosse sembravano proprio il sangue di Cristo. Niente più dell’ilex aquifolium poteva rappresent­are visivament­e il martirio del Messia. E nulla poteva essere più gradito all’autore, Dickens appunto, di un racconto natalizio intitolato La taverna dell’agrifoglio.

Certamente più allegro è l’altro simbolo botanico del Natale: sempreverd­e

Ha le sue origini in San Nicola, vescovo di Myra (nell’attuale Turchia) vissuto nel IV secolo

La raffiguraz­ione della Natività ha origini remote risalenti alle radici della Cristianit­à, ma pochi sanno che il presepe vivente è un’invenzione di San Francesco, che nel Natale 1222 ebbe modo di assistere a Betlemme alle funzioni che rievocavan­o la nascita di Gesù. L’anno dopo, a Greccio, in Umbria, nella vigilia di Natale il poverello di Assisi

Dalla cultura pagana passa alla religione cristiana: richiama la corona insanguina­ta di Cristo È un animale sacro alla dea scandinava Isa o Disa: conduce nell’oltretomba le anime dei defunti allestì la prima rappresent­azione vivente della Natività, che il biografo Tommaso da Celano descrive così: «Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà»

L’origine risale al 1441, a Tallin: i giovani alla ricerca dell’anima gemella ballavano intorno a un abete

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