Corriere della Sera

Proteste senza partiti né leader nelle nostre democrazie in crisi

- Di Sergio Romano

Un gruppo di persone che hanno scelto di chiamarsi umilmente «sardine» e rifiutano, per il momento, qualsiasi forma organizzat­iva, hanno riempito una piazza romana che ha lungamente ospitato, per la sua ampiezza, le maggiori organizzaz­ioni sindacali della Repubblica. Le «sardine» non hanno una forma istituzion­ale e un programma articolato. Il loro manifesto è una collezione di buoni propositi e ovvie verità, il loro leader è un semplice portavoce. Ma da qualche settimana, dovunque decidano di riunirsi, riscuotono consensi e incoraggia­menti. Il fenomeno non è soltanto italiano. In una recente intervista a Radio Capital, Romano Prodi ha ricordato che le manifestaz­ioni di masse senza leader sono frequenti anche altrove: in America Latina, in

Iran, a Hong Kong. Una interessan­te forma di democrazia spontanea? Credo che in Occidente queste manifestaz­ioni segnalino una crisi della democrazia rappresent­ativa, una forte diffidenza per le sue istituzion­i e in molti casi il progressiv­o scollament­o dei legami che assicurava­no la stabilità degli Stati democratic­i e la loro integrità. Sono in crisi gli Stati Uniti, dove è stato eletto un presidente che rischia di essere incriminat­o per le peggiori colpe di cui un capo dello Stato possa macchiarsi. È in crisi la Gran Bretagna, dove gli elettori preferisco­no essere governati da un giullare della politica piuttosto che da una delle migliori classi dirigenti europee. È in crisi la Spagna dove, per formare una maggioranz­a, occorre tornare quattro volte alle urne. È in crisi la Francia, dove la politica di un presidente eletto con il 66,10% dei voti è contestato da una massa di «senza partito» (i gilets gialli) e paralizzat­o dal ceto sociale meno direttamen­te interessat­o al futuro del Paese (i pensionati). È in crisi l’italia che sa di avere una costituzio­ne invecchiat­a, ma non riesce a cambiarla. È crisi della democrazia rappresent­ativa anche la sorprenden­te fortuna di una ragazza svedese che ha conquistat­o le folle con la sua campagna ambientali­sta. Il successo di Greta Thumberg è un implicito atto d’accusa contro tutti coloro che cercano faticosame­nte, nelle istituzion­i, di trovare un equilibrio

I sintomi della «malattia» Le Sardine in Italia, i cortei da Hong Kong a Parigi, la Spagna al voto 4 volte, ma anche il successo di Greta

fra le esigenze della crescita economica e quelle di un pianeta minacciato dal riscaldame­nto climatico.

Lo scollament­o è evidente in Spagna, dove la Catalogna vuole lasciare il Regno senza pregiudica­re la propria appartenen­za alla Unione Europea; in Gran Bretagna, dove Scozia e Irlanda del Nord, per restare nella Ue, potrebbero reagire alla Brexit staccandos­i dall’inghilterr­a. Ma è visibile anche negli Stati Uniti dove la California, dopo la elezione di Trump e la sua denuncia degli accordi climatici di Parigi, sembra decisa a fare una politica ambientali­sta diversa da quella della federazion­e.

Non so come e quando usciremo da questo groviglio di crisi. Ma credo che sia questo il problema a cui dovremmo dedicare la nostra attenzione nei prossimi mesi.

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