Il Milan migliora, ma resta spuntato. E la classifica fa paura
L’attacco è il 15° della A, Piatek è un caso, a gennaio arriveranno rinforzi. Voci su Xhaka dell’arsenal
MILANO Qualche luce, sì. Ma anche tante, troppe ombre. La sconfitta dello Stadium, per quanto di misura, ha messo in mostra una volta di più le due facce del Diavolo. Quella bella di una squadra che pian piano, grazie al buonsenso di Pioli, sta progredendo nel gioco e nella personalità. L’altra sera in casa della Juve s’è visto indubbiamente il miglior Milan di stagione. Capace di scendere in campo senza paura, per giocarsela finalmente a testa alta, con orgoglio e determinazione.
Ha funzionato il 4-3-2-1, chissà che non sia l’impianto giusto. Vero che quando non hai molto da perdere è tutto più facile. E che paradossalmente è più complicato giocare col Sassuolo a San Siro che in casa della Juve. Ma Madama è sempre Madama, anche quando non è in giornata. E se il calcio fosse meritocratico, i rossoneri un punto non l’avrebbero affatto rubato. Lo dicono le statistiche — una per tutte: 7 parate di Szczesny, 4 di Donnarumma — ma lo si è visto anche a occhio nudo. Da lì bisogna insomma ripartire, da una prestazione incoraggiante che ha dimostrato come questo Milan non può davvero essere scarso come le 7 sconfitte in 12 partite sentenzierebbero.
Eccola, l’altra faccia del Diavolo.
Cupa e impaurita per una classifica che fa spavento: quattro punti sulla zona retrocessione fanno venire i brividi. Anche se sei il Milan, soprattutto se sei il Milan. La classifica non è un dettaglio e Pioli ha fatto bene a sottolinearlo: «A Milanello voglio che sia appesa a tutti i muri».
Diversi i problemi. A partire da una difesa che tradisce anche in quelli che dovrebbero essere i punti di forza, come Romagnoli: evidenti le sue responsabilità sul gol sentenza di Dybala. La crescita tecnica e caratteriale del capitano sembra essersi interrotta. Incertezze che si ripercuotono su tutto il gruppo. Quello era il 10° gol su 16 subìto nell’ultima mezz’ora. La «zona Milan» è la prova più chiara del fatto che esiste un problema di tenuta mentale: quando s’intravede il traguardo, la squadra finisce prigioniera dei suoi fantasmi. Effetti collaterali della gioventù: senza qualche innesto di esperienza, succederà ancora. Ieri dalla televisione svizzera rimbalzava il nome del centrocampista 27enne Granit Xhaka, che è in rotta con l’arsenal, ma da Casa Milan smentiscono.
È però un altro il principale (e più grave) problema: l’attacco non esiste. Gli 11 gol in 12 partite sono il 15° reparto del campionato. Un anno fa i
gol erano 10 in più. E 8 i punti in più. Una crisi che ha molti colpevoli, ma uno più di tutti: Kris Piatek, che anche allo Stadium ha rimediato solo figuracce. Inguardabile un colpo di testa uscito di tre metri.
L’ormai ex Pistolero è un caso dichiarato. E dietro di lui stenta anche il giovane Leao. Il Milan non può attenderli per sempre. Ecco perché per gennaio serve trovare una soluzione. Che difficilmente sarà Ibra. O Mandzukic, che sarebbe perfetto ma che con i suoi 6,2 milioni netti di stipendio è fuori budget. A gennaio mancano però ancora due mesi. E dopo la sosta ci sono il Napoli in casa più due trasferte in fila, Parma e Bologna. Servono punti, i complimenti non fanno classifica.