Corriere della Sera

ITALIANI

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Che libertà prova in quei viaggi?

«È qualcosa che mi si allarga in petto, un piacere diverso che stare sul palco, ma similare: il pubblico, quando canta con te, è come un’anima sola, una botta di solitudine bella che ti arriva».

Al Cairo, che ci faceva sola sotto la sfinge?

«Centoventi milioni di dischi li vendi solo girando: Australia, Giappone... Cantavo e magari prendevo due settimane per me».

In quale suo brano si riconosce di più?

«Forse nella frase “la cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me”».

La prima volta in cui s’è cambiata la vita?

«Bambina, a Venezia. Mi vestivano con l’abito di velluto blu, il fiocco sul collo. Una cosa tragica. Io volevo i pantaloni. Un giorno, tagliuzzo il vestito e i capelli. Tornano i nonni e dico: io mi voglio così. Si misero a ridere».

Deduco che non erano severi.

«Mi hanno dato una libertà che ti obbliga a responsabi­lizzarti. Mi hanno cresciuta loro: mamma aveva avuto un parto difficile e s’era ritirata in campagna. Nonna ha capito la mia essenza: mi ha fatto dare lezioni di piano a tre anni, poi di danza. A 14 anni, una mattina, invece di andare a scuola, sono andata a fare l’amore. Torno a casa felice. Dico: nonna, nonno, ho fatto l’amore e mi è piaciuto molto, posso tornarci nel pomeriggio? Mi ci hanno mandata».

Negli anni 60, lei era considerat­a un’icona di trasgressi­one, parlava di divorzio, libertà sessuale...

«Ero io così. Neanche avevo capito che ci fosse il ’68. Viaggiavo tanto, ero ovunque. Nel ’69, andai alla Nasa dagli astronauti scesi dalla Luna e, in Russia, cantai per l’armata Rossa».

«La Bambola», nel ’68, passò per inno femminista.

«Io la percepivo al contrario: la parola “bambola” mi dava fastidio. Invece, le donne amarono quel “no ragazzo no, tu non mi metterai tra le dieci bambole che non ti piacciono più”».

Come diventa «La ragazza del Piper»?

«A 15 anni, finito il conservato­rio, andai a Londra a imparare l’inglese. Arrivo, mi dicono che a Roma c’è un locale fighissimo. Con gli amici, parto in macchina la sera stessa. Il proprietar­io Alberigo Crocetta mi vede, mi chiede se so cantare come so ballare. E io, che a cantare non avevo mai pensato, dico subito sì. Sono salita sul palco, mi è piaciuto. Mi hanno detto che dovevo avere un gruppo, farmi un repertorio. Poi, Gianni Boncompagn­i scrisse per me il testo di Ragazzo triste e stavo già in giro a far serate». I viaggi estremi

Ho fatto la traversata atlantica in solitaria: ho beccato gli Alisei e in due settimane ero arrivata Ne ho parlato con Silvio Soldini, non si capacitava di come fossi viva

Il successo e i soldi

A tre anni dall’esordio, avevo già uno show in tv col mio nome. Ero ricca da schifo, infatti i soldi non li ho mai considerat­i e avrei fatto meglio a conservarn­e di più

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Insieme Riccardo Fogli e Patty Pravo si sposarono nel ‘74 in Scozia

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