Gli outsider di successo
L’interprete di «Dance Monkey», ex artista di strada, guida una schiera di giovanissimi da hit Tones and I, Capaldi, Billie Eilish: i nuovi fenomeni del pop sfidano il mito delle star patinate
Nella Instagram society piena di selfie made man dove si ragiona per immagini, si pratica il culto della (propria) vanità, ci si limita alla superficie e l’unico imperativo è apparire sotto la luce (meglio con filtro) più appetibile, si scorgono ancora sprazzi di umanità. Persone con i loro difetti — non replicanti —, esseri in carne e ossa — non di plastica — che non rivelano solo un’infinità di virtù in una marea di perfezione. Spesso artefatta, come la celebre copertina del disco in cui Mariah Carey mostrava un fisico talmente ritoccato da diventare un avatar digitale di se stessa. Se la speranza è nei giovani, il mondo del pop indica una strada: artisti in cui riconoscersi per le loro fragilità e debolezze, non solo modelli irraggiungibili per la loro (supposta) perfezione.
Dall’australia arriva il successo che è diventato virale in questi giorni: Dance Monkey dell’australiana Toni Watson (19 anni), che pubblica i suoi brani con il nome di battaglia bipolare Tones and I. Partita come artista di strada, una predilezione per tute e cappellini extralarge e colorati, il marciapiede è stata la sua gavetta: «Piaccio alle persone per quello che sono e non voglio cambiare», rivendica fiera anche ora che diverse porte si sono dischiuse. Il suo singolo è primo in Italia, ultimo dei venti Paesi in cui ha raggiunto la vetta. La canzone è nata come uno sfogo: «Siamo impazienti, abbiamo intrattenimento a portata di mouse, ma se non ci divertiamo nel primo minuto passiamo subito ad altro. È un atteggiamento che si riflette anche in strada: la gente vuole che tu ti esibisca e chiede sempre di più». E alla fine diventi una scimmietta ammaestrata, dance monkey.
Lo scozzese Lewis Capaldi (23 anni) ha già le stimmate del fenomeno nonostante il suo aspetto non rientri nel canone estetico photoshoppato
dominante, nel codice stereotipato del «vincente»: «Da bambino ero un pacioccone, non ero un grande appassionato di sport. Ero pigro e come vedete non è cambiato molto da allora. Una volta a scuola i miei insegnanti hanno detto ai miei genitori che ero così rilassato da essere praticamente orizzontale». Se fa difetto di solidità atletica, rimedia con la personalità eclettica (più difficile da allenare rispetto ai muscoli) e la simpatia (istruttivo il suo divertente profilo Instagram). Così disincantato e autoironico da poter dire che non ha la più pallida idea del perché così tanta gente vada ai suoi concerti.
Siamo dalle parti dello stesso genere di tipo umano anche con Ed Sheeran (28 anni), un presente da popstar venerata, un passato da ragazzino bullizzato a causa del rosso dei suoi capelli e della balbuzie: «Ho odiato con forza le scuole elementari, piangevo ogni singolo giorno». Un’adolescenza da «loser» a tutto campo: «Non ho mai avuto grande fortuna con le ragazze». Era lo strano, il diverso, l’alternativo da evitare. E poi si è confermato tale, diverso dagli altri, visto che non sono tanti quelli che possono raccontare di aver venduto 150 milioni di dischi in tutto il mondo.
Anche Billie Eilish è l’opposto della cantante patinata: un look tra il gotico e il punk, autentica come nel video di Bad Guy in cui si presenta togliendosi l’apparecchio per i denti, sincera come quando ha parlato della sua depressione: «Mi ha gettato dentro un buco nero, ho passato diverse fasi di autolesionismo, pensavo di meritarmi il dolore. Quando tutti pensano a Billie Eilish a 14 anni, si immaginano un sacco di cose belle. Io invece riesco solo a pensare a quanto fossi infelice. Completamente affranta e arrabbiata e confusa. Dai 13 ai 16 anni è stata dura».
Dopo le cose sono andate meglio, ma i dubbi sono rimasti. Bury a Friend è il punto di vista di un mostro sotto il letto: «Confesso di essere quel mostro, perché io sono il mio peggior nemico». Il tormento di fondo rimane, l’anima raccoglie sempre i like migliori.
Extralarge
Toni Watson: «Le tute extralarge? Piaccio per quello che sono e non voglio cambiare»